(Alessandro Cavallini) In un tempo in cui i “diritti umani” vengono agitati come bandiere sacre e indiscutibili, Stefano Vaj ci ricorda che dietro ogni mito politico esiste una genealogia, un’origine concreta e non sempre limpida. Indagine sui diritti dell’uomo. Genealogia di una morale non è un testo neutrale né un manuale universitario: è un’opera di rottura, che mette a nudo le fondamenta fragili di quella che ormai è divenuta la vera religione laica del nostro tempo.

Con un approccio nietzschiano, Vaj smonta l’idea che i diritti dell’uomo siano universali, naturali, eterni. Mostra invece come siano nati in un contesto preciso, quello delle rivoluzioni moderne e della cultura illuminista, per poi trasformarsi in uno strumento ideologico. Non un progresso spontaneo dell’umanità, ma un’arma politica nelle mani di chi vuole imporre un modello unico al mondo intero.

I diritti dell’uomo non proteggono i popoli, li disarmano

La critica è radicale: i diritti dell’uomo non proteggono i popoli, li disarmano. Non garantiscono libertà, ma uniformità. Non difendono la vita concreta delle comunità, ma astratti individui intercambiabili, scollegati dalla storia, dalla cultura, dall’identità. È questa, secondo Vaj, la grande illusione che alimenta l’umanitarismo moderno: la promessa di un paradiso terreno fatto di uguaglianza e inclusione, che però finisce per distruggere le differenze reali, le radici, le sovranità.

Il libro non si limita a demolire: lancia una sfida. Invita a ripensare il nostro futuro non più sotto il ricatto morale del “diritto universale”, ma nel segno della libertà autentica, che non è la fotocopia uguale per tutti, bensì la possibilità per ogni comunità, ogni popolo, di vivere secondo la propria vocazione. È un invito a recuperare fierezza, a respingere l’omologazione globale, a non inginocchiarsi di fronte a dogmi che nessuno ha mai votato, ma che vengono imposti come se fossero leggi di natura.

Per questo Indagine sui diritti dell’uomo è un testo scomodo, ma necessario. Scomodo perché non concede nulla al politicamente corretto, perché osa denunciare l’ipocrisia di chi invoca i diritti solo quando serve ai propri interessi geopolitici. Necessario perché restituisce alla politica la sua dimensione vera: conflitto, scelta, destino, e non un eterno tribunale morale davanti al quale giustificarsi.

Stefano Vaj ci consegna così un’arma intellettuale preziosa. Non basta criticare le storture del presente: bisogna comprendere la radice del problema, e il problema sta proprio nella religione dei diritti dell’uomo, diventata il nuovo dogma con cui si pretende di giudicare e piegare intere nazioni.

Chi legge questo libro non troverà risposte rassicuranti. Troverà invece una prospettiva diversa, militante, capace di restituire dignità alle parole “identità”, “differenza”, “sovranità”. È un testo per chi non vuole subire, ma vuole capire e reagire. Perché solo chi smonta i miti del nemico può costruire i propri.