È iniziato “Risonanze. Comunità Sonore per vivere meglio”, convegno internazionale organizzato dal Conservatorio Evaristo Felice Dall’Abaco di Verona. Per la prima volta in Italia, i più autorevoli studiosi e protagonisti della Community Music Therapy si sono riuniti al Teatro Filarmonico per raccontare e dimostrare come la pratica musicale condivisa possa diventare strumento di benessere, inclusione e crescita sociale. La giornata inaugurale ha portato sul palco esponenti di primo piano della disciplina e domani, sabato 4 ottobre, il programma proseguirà con tavole rotonde, lezioni magistrali e momenti di interazione sonora.

Tutta la platea coinvolta dal facilitatore musicale di comunità Mauro Faccioli.

Dopo i saluti istituzionali, il pubblico ha partecipato a un’interazione sonora condotta da Mauro Faccioli: un’esperienza di improvvisazione vocale e coinvolgimento diretto, che ha permesso di sperimentare in prima persona l’impatto della musica sulla qualità della vita. Guidati dal facilitatore musicale di comunità, i partecipanti hanno esplorato il suono senza strumenti, usando voce e corpo, in un momento di ascolto reciproco e creatività condivisa. Un modo per scoprire come ritmo e musica possano generare connessione, benessere e senso di appartenenza.

«Fare musica insieme significa creare un ritmo comune, un respiro condiviso – ha spiegato Faccioli -. Non servono strumenti: la musica è già dentro di noi, nella voce e nel corpo. È come risvegliare l’archetipo del villaggio, in cui ognuno ha un ruolo e lo mette al servizio degli altri per generare qualcosa di nuovo, che non è mai solo la somma delle parti. Suonare insieme ci fa sentire riconosciuti, conferma che il nostro posto ha senso e che, pur essendo solo un pezzo, contribuiamo a un insieme più grande. Noi esseri umani viviamo di ritmo: come il battito del tamburo, presenza e assenza, andata e ritorno, una ciclicità che ci fa stare bene»

Mauro Faccioli facilitatore musicale di comunita

PRO-BEN, le quattro sfide per la promozione del benessere della popolazione studentesca di università ed AFAM: cornice teorica, struttura del progetto e dati preliminari.

La presentazione del progetto PRO-BEN e delle sue sfide per promuovere il benessere tra studenti universitari e dei conservatori ha poi offerto una cornice teorica e i primi risultati della ricerca, grazie all’intervento di Francesco Sulla, ricercatore in Psicologia dello Sviluppo e dell’Educazione dell’Università di Foggia:

«La nostra interpretazione del progetto PRO-BEN ha coinvolto quattro università e due conservatori, con un lavoro diffuso su tutto il territorio nazionale e l’obiettivo di sostenere il benessere psicofisico degli studenti. Nel nostro ateneo abbiamo potenziato il servizio di counseling, passando da tre a cinque counselor: così possiamo ridurre le liste d’attesa e garantire un accesso più rapido al supporto. Abbiamo inoltre lavorato per rendere gratuiti i servizi di attività fisica, stipulando convenzioni con le palestre locali e con la medicina dello sport dell’università. L’implementazione di questi interventi ha già portato un miglioramento del benessere percepito. Ora vogliamo presentare questi dati al Ministero, per chiedere che questo tipo di sostegno possa avere continuità e risorse dedicate».

Francesco Sulla ricercatore Psicologia dello Sviluppo e dellEducazione del Dipartimento di Studi Umanistici Universita di Foggia

Come suonano le comunità sane? Riflessioni dalla ricerca in Community Music Therapy

A seguire, spazio a riflessioni sul legame tra comunità sane e musica e sul valore della condivisione musicale, con un’attenzione particolare ai giovani e al potenziale della pratica musicale nei gruppi universitari come strumento di benessere individuale e sociale. Gary Ansdell, coordinatore del programma di Dottorato alla Nordoff-Robbins UK e docente onorario a Exeter (UK), ha spiegato:

«Una comunità suona in tanti modi diversi. A volte può sembrare disordinata, perché include tutti e il suono può apparire caotico, ma le persone stanno insieme in modi davvero preziosi. Non si può “creare” una comunità sana, ma la si può far crescere, come una pianta. Occorre trovare una comunità che abbia bisogno della musica e, poco a poco, scoprire e nutrire i talenti che vi sono nascosti.

La musica non è mai perfetta, ma si può improvvisare e trarre il meglio da ciò che si ha, perché — come credo da musicoterapeuta — tutti sono musicali e tutti possono fare musica insieme. E quando si fa musica insieme, si costruisce qualcosa di più sano. Nelle case di cura per anziani la musica aiuta le persone a muoversi meglio, a sentirsi motivate, a stare insieme in modo più libero e a costruire relazioni significative. Gli effetti sulla salute sono concreti: la musica diventa un ponte per stare bene.

Gary Ansdell associato Nordoff Robbins UK Coordinatore del programma di Dottorato professore onorario University of Exeter Regno Unito

Co-creare la condivisione musicale: come e con quali conseguenze?

Tia De Nora, professoressa di Sociologia della Musica all’Università di Exeter (Regno Unito), si è poi concentrata sul tema della co-creazione musicale condivisa, analizzandone modalità e conseguenze positive sul benessere delle persone, sottolineando:

«Sono molto interessata a come le persone si relazionano con la musica e alle dinamiche sociali e tecniche che la accompagnano. Ho messo a confronto due casi studio: la Hill House, una residenza per persone con disabilità neurologiche, dove ho osservato attività di musicoterapia comunitaria, e l’uso delle piattaforme di streaming musicale, come Spotify. I risultati mostrano differenze significative nel grado di socializzazione. Nei contesti di musica di gruppo sostenuti da un musicoterapeuta c’è più spazio per l’incontro e la condivisione, meno enfasi sull’ascolto solitario e maggiori possibilità di ampliare i propri gusti musicali. Tutto questo significa più opportunità di connessione con altre persone — un beneficio che non può che avere effetti positivi sulla salute».

Tia De Nora professoressa di Sociologia della Musica allUniversita di Exeter Regno Unito

L’esercizio della musica nei gruppi universitari come strumento di benessere individuale e sociale per tutti gli studenti.

Luca Aversano, direttore del Dipartimento di Filosofia, Comunicazione e Spettacolo dell’Università Roma Tre, ha posto infine l’attenzione sull’esercizio della musica nei gruppi universitari come strumento di benessere individuale e sociale. «Nelle università la musica non è solo performance – ha spiegato –, ma un laboratorio di crescita: cori e orchestre accolgono studenti di ogni disciplina, favorendo inclusione e dialogo tra culture. Lo studio musicale diventa esperienza viva, dall’aula al palco; sviluppa competenze trasversali, disciplina e spirito di cooperazione. Non conta la perfezione, ma il processo: suonare e cantare insieme rafforza i legami accademici, arricchisce la formazione e rappresenta l’ateneo verso l’esterno, unendo conoscenza, emozione e comunità».

Maggiori informazioni al sito https://comunitasonore.it/

Luca Aversano direttore del Dipartimento di Filosofia Comunicazione e Spettacolo dellUniversita Roma Tre