(di Gianni Schicchi) Occasione straordinaria, quella di poter assistere all’esecuzione del Requiem di Mozart nella basilica di San Zeno e meglio ancora: proprio nel giorno dei Defunti. La straordinarietà era data dalla prima esecuzione italiana del Requiem nella trascrizione operata (1844) dal compositore tedesco Heinrich Ritter von Spengel a cinquantatre anni dalla sua invenzione. Una esecuzione che ha richiamato nella basilica del Patrono, oltre seicento persone, occupando in parte anche la sua parte plebana inferiore. Tutto è stato reso possibile  per la viva partecipazione del Coro & dell’Ensemble dei Concerti Spirituali guidati dal maestro Marcello Rossi Corradini che si è avvalso per la parte solistica di: Cecilia Rizzetto, soprano, Maria Giuditta Guglielmi, contralto, Vincenzo Di Donato, tenore e Giacomo Contro, basso. 

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Marcello Rossi Corradini ha avuto anche l’accortezza di illustrare al pubblico, sia pure brevemente, la forma frammentaria nel quale l’opera ci è giunta, col completamento postumo di Joseph Eybler e soprattutto di Franz Xavier Sṻssmayr, ma che resta ancora oggi un’opera totalmente segnata dal genio del suo creatore. E il direttore ha illustrato pure come sia stato possibile eseguire il Requiem a San Zeno con le ridotte forze orchestrali, cioè nella versione quasi cameristica per archi operata da Spengel, che realizzò questa versione per rendere le composizioni di Mozart maggiormente accessibili a un pubblico più ampio che non frequentava i teatri. 

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L’uso dei soli archi veniva impiegato nel corso dell’Ottocento anche con finalità pratico-divulgative, quelle di rendere possibile l’esecuzione di pagine sinfoniche o sinfonico-corali in contesti cameristici e più genericamente domestici. Fra questi si possono citare, come esempio, le versioni per quartetto d’archi e pianoforte dei concerti per pianoforte e orchestra mozartiani, una soluzione agile e funzionale nel caso in cui non fosse disponibile un’orchestra. 

L’Ensemble dei Concerti Spirituali ha infatti eseguito il “Requiem” con un organico molto semplice, una specie di doppio quartetto per archi, con sei violini, quattro viole (così raddoppiate), due violoncelli, un contrabbasso ed un  harmonium.

“Nella nostra esecuzione – ci ha raccontato Rossi Corradini – siamo stati molto attenti e meticolosi nel rispettare la volontà del compositore e le sue puntuali notazioni in partitura. Il limite della ridotta versione strumentale potrebbe ad un primo ascolto dare l’impressione di un’esecuzione addirittura incompleta. Sotto questo aspetto, per ottenere equilibrio nelle sezioni sia nelle dinamiche sonore sia nei colori, con particolare attenzione ai brani con i soli, è stato importante confrontarci con altre direzioni d’orchestra. Abbiamo lavorato in particolare sul Dies Irae e sul Rex Tremedae, spingendo ai limiti gli stacchi dei tempi, in modo da ottenere una maggiore drammaticità”.

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L’esecuzione del Requiem in San Zeno è stata sempre credibile per il rispetto del meraviglioso dettato musicale mozartiano, attraverso un suono ricco e brunito, severo, eppure pieno di riflessi. L’incedere di Rossi Corradini, come suo costume, è stato nobile ed insieme filosofico, una meditazione sulla bellezza e sulla morte effondendo una cantabilità lirica ed insieme una contenuta energia che dicono la copiosa e sublime umanità, svelando la commozione intima e conquidente di Mozart di fronte al mistero della nostra sorte ultima e del Dio che la governa da sempre con giustizia e misericordia. Buona la partecipazione di tutti i solisti e del vibrante coro dei Concerti Spirituali salutata al termine da intensi applausi ripagati col bis dell’Ave Verum mozartiano.