(Angelo Paratico) Confesso di aver sempre pensato che lo statista italiano più simile a Winston Churchill sia stato Camillo Benso conte di Cavour (1810-1861).

I due uomini condividevano una forte passione per la politica, nazionale e internazionale; entrambi erano stati studenti e militari indisciplinati; provenivano da famiglie altolocate e potenti, ed entrambi vedevano nella democrazia uno strumento da impiegare per raggiungere i propri scopi, indipendente dalla volontà generale. Per esempio, Cavour modificò varie volte la legge elettorale per escludere dal parlamento chi non gli era gradito.

Entrambe le loro madri erano straniere ed avevano portato soldi nel palazzo avito; erano entrambi amanti della buona tavola e delle bevande alcooliche; erano entrambi atei; Churchill, per esempio, pasteggiava a champagne, non acqua ed erano entrambi attratti dal rischio e dall’azzardo. Il giovane Cavour fu più volte salvato dalla bancarotta dal proprio padre, governatore di Torino e vicino al re, dopo che aveva perso ingenti somme al tavolo da gioco.

Cavour era stato in Inghilterra nel 1835, restando impressionato dalla rivoluzione industriale e dallo sviluppo delle ferrovie. Parlava bene inglese ed era abbonato al Times di Londra, che sfogliava attentamente ogni mattina per capire come si stesse muovendo la maggiore potenza economica e militare del suo tempo.

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W. Churchill ufficiale di cavalleria in India

Vi è però un punto sul quale le vite parallele dei due personaggi divergono decisamente: la passione per le donne di Cavour, che poco interessavano allo statista inglese.

Cavour e Churchill erano fisicamente simili, di statura media, tendenti alla pinguedine. Il Cavour in gioventù aveva le gote rosse, da montanaro, ma era un grande ammaliatore e affabulatore. Con le donne spesso non bastava un no per fermarlo. Ebbe molte donne ma forse la sua relazione più significativa e profonda gli capitò a vent’anni, nel 1830, mentre si trovava a Genova per il servizio militare, per il quale non aveva propensione o interesse.

Vi intrecciò un intenso rapporto con Anna (Nina) Giustiniani Schiaffino, di tre anni più anziana di lui. Quella bella donna molto infelice era già sposata con il marchese Stefano Giustiniani e avevano tre figli. Nina era figlia del barone Giuseppe Schiaffino di Polanesi e di Maddalena Corvetto, detta Manin e nipote di Luigi Emanuele Corvetto, economista e ministro delle finanze francese, consigliere di stato e conte per volontà di Napoleone Bonaparte, già esponente di spicco della Repubblica Ligure. Trascorse i primi anni di vita a Parigi, dove il padre era a servizio di Luigi XVIII e a 10 arriva in Liguria con la famiglia, perché il padre viene nominato console generale di Francia e trasloca in Palazzo Andrea e Gio. Batta Spinola – Doria, sede del consolato.

anna schiffino giustiniani

La famiglia Giustiniani nella quale entrò Nina era una delle più in vista di Genova e molto vicina alla corte dei Savoia e dato che il rapporto adulterino andò avanti per molto tempo, con visite di lei a Torino e di lui a Genova e Milano, lo scandalo fu grande. Il marito di Nina oltre che cornuto era anche un uomo molto intelligente e innamorato della moglie e non riuscendo a farla ragionare decise di adottare la tattica di partire da Genova non appena Cavour arrivava in città, così da lasciare il campo libero ai due amanti.

Il loro non fu solo un rapporto carnale ma anche spirituale, in un anno la marchesa, che aveva un grande spirito poetico, gli spedì centocinquanta lettere, che il suo Camillo tenne da parte con cura, riconoscendo implicitamente il loro valore letterario e poetico.

La madre di Cavour, ginevrina e discendente di San Francesco di Sales, lo interrogò su questa sua fiamma e il figlio non le nascose nulla, dicendole che le voci erano vere e che si scambiavano spesso delle lettere. Lei chiese di vederne una. Cavour ne trasse una dalla giacca, ricevuta il giorno prima e gliela passò.

Sua madre la lesse velocemente e poi scoppiò a piangere di fronte a lui, intuendo la genuina sofferenza di quella donna.

Cavour non piangeva ma si consolava con altre donne, fra le quali va segnalata Clementina Guasco, sposata con il conte Carlo Guasco di Castelletto. La cosa venne a conoscenza di Nina Giustiniani, che aveva sempre intuito di non poterlo avere tutto per sé e non ci badò. Ma dopo che si dissero addio, lei gli mandò un’ultima lettera con una ciocca dei suoi capelli biondi.

Cavour
Cavour a 23 anni

“Tu dici che sono stata creata per te; ma tu basti alla mia felicità, mentre io non posso rendere completa la tua. Mi vedi perfetta, mi trovi qualità ch’io non posseggo. Se l’illusione svanisce, se il tempo, nemico mio più che tuo, raffredda i tuoi sentimenti per me, ti occorreranno altri oggetti da amare. L’inquietudine del tuo cuore non si calmerà facilmente; ti aspetteranno magari anche delusioni; comunque, Nina, senza essere del tutto bandita dai tuoi affetti, non sarà più la diletta. Tu non hai nulla di simile da temere da parte mia: dimenticarti sarebbe per me ricadere nel nulla. La nostra posizione è diversa, e non possiamo cambiarla. Per me il tuo amore è il principio e la fine di tutti i pensieri, il solo scopo della mia vita, mentre il sentimento che t’ispiro dovrà prima o poi venire subordinato ad altri. Io non ci vedrò se non una legge, la quale dovrà trionfare nostro malgrado”.

Parole davvero nobili e prive di ogni risentimento. Cavour, dopo la Guasco, cadde fra le braccia di Emilia Gazzelli di Rossana, sposata con un amico della famiglia Cavour, il conte Nomis di Pollone. Come si potrà notare in quegli anni mostrava una spiccata propensione per le donne sposate e più mature di lui, senza porsi alcun problema dal punto di vista morale e lo stesso comportamento era stato tenuto da Carlo Alberto prima dell’ascesa al trono.

Cavour voleva solo divertirsi pur sapendo che le donne avrebbero pagato il prezzo maggiore. O, forse, ebbe una premonizione del fatto che la sua frenetica vita non sarebbe andata oltre i cinquantuno anni. 

La povera Nina Giustiniani morì suicida nel 1841, gettandosi giù da un balcone, ma le sue splendide lettere sono state recentemente pubblicate, anche se non hanno ricevuto l’attenzione che meriterebbero.