(Angelo Paratico) Patrimoniali. A sinistra se ne continua a parlare. Patrimoniale sui ricchi e sulle banche. Ma la memoria di chi chiede questi provvedimenti è molto corta. Si scordano di quanto è avvenuto in passato, anche nel più recente. Oggi non stiamo ancora parlando di un prelievo forzoso sui conti di tutti i correntisti come fatto da Giuliano Amato nel 1992 e neppure di un prelievo forzoso su alcuni conti correnti mirati (dei ricchi e delle banche).

Quel furto compiuto da Amato lo ricorda ancora un mio nipote che all’epoca aveva solo 7 anni e si trovò decurtati i suoi pochi risparmi. Giuliano Amato, al potere solo da pochi mesi, prese una decisione senza precedenti: applicò una patrimoniale sui conti correnti degli italiani, il famoso 6 per mille sui capitali che, in realtà, erano già al netto delle tasse che erano già state pagate, ma il crollo della lira italiana – alimentato dal noto speculatore George Soros- non lasciò scelta ai nostri impreparati politici.
La sera del 13 settembre del 1992 un preoccupato Giuliano Amato parlava della presenza di tensioni e della necessità di un riallineamento. Il giorno dopo la lira italiana perse il 7% del suo valore contro al marco tedesco, la valuta di riferimento per le monete europee prima del Euro. Quel giorno si rivelò essere l’inizio del periodo di sospensione della lira dal Sistema monetario europeo (Sme). Servivano gli ultimi 8 mila miliardi di lire per la manovra correttiva da 30, Amato e i tecnici del Tesoro e delle Finanze non videro altra soluzione e durante quella notte, alle 4 del mattino, l’allora ministro delle Finanze Giovanni Goria propose l’idea del prelievo forzoso.
Un altro uomo di sinistra, il governatore della Sardegna dal 2004 al 2008, Renato Soru, introdusse una tassa sul lusso applicata anche alle ville, alle barche e agli aerei privati, ma fruttò la metà dei costi di esazione e la Regione è ancora indebitata per la restituzione delle somme dopo la pronuncia negativa della Corte di Giustizia della UE.
Quella tassa provocò un crollo immediato del 35% del fatturato delle aziende legate ai servizi e al turismo nautico e, anche quando fu revocata nel 2009, le lasciò fortemente indebolite ad affrontare la crisi economica, con risultati disastrosi sul piano occupazionale di cui i sardi pagano ancora le conseguenze. Nel gennaio del 2010 fu pubblicata una sentenza con la quale la suddetta tassa è stata dichiarata in contrasto con le disposizioni comunitarie e quindi nulla fin dall’origine.

Patrimoniali…o giù di lì
Un altro pessimo esempio arrivò con il disastroso governo di Mario Monti che ebbe l’idea di tassare le barche da diporto nazionali ed estere, che stazionavano in porti marittimi nazionali, che furono soggette al pagamento della tassa per ogni giorno di permanenza giornaliera o per una sua frazione. La tariffa giornaliera variava a seconda della lunghezza da 7 euro a150 euro. I dati ufficiali furono impietosi: invece dei previsti 155 milioni di euro, l’erario incassò appena 24 milioni. Quella tassa si rivelò un boomerang per l’economia, provocando il crollo dell’immobiliare in Sardegna.
Ma il danno più grave fu un altro: la fuga dei superyacht dai nostri porti, dai nostri ristoranti, dai nostri hotel. L’incertezza iniziale sulla natura della tassa, l’aumento del costo del carburante e le misure di controllo più stringenti spinsero molti armatori a trasferire le loro imbarcazioni all’estero, soprattutto in Croazia e in Francia. La Sardegna, un tempo meta privilegiata per i superyacht, vide drasticamente calare gli arrivi, con un impatto negativo sull’intero settore turistico. E a “ridere” di quel disastro all’italiana fu la Costa Azzurra che godette dei frutti di quella fuga.

Questi pratici esempi possono mostrare che l’imposizione arbitraria di tasse non funziona, anzi che spesso crea danni. Il modo migliore per far affluire capitali in una economia è ridurre le tasse e semplificare la burocrazia.
