(Angelo Paratico) Pierre Ryckmans (1935–2014) è noto con lo pseudonimo di Simon Leys, nato in Belgio, è stato un grande scrittore, sinologo e critico d’arte. Sposatosi con una cinese, dal 1970 è vissuto in Australia. Rinunciò alla cittadinanza belga per quella australiana dopo che il Belgio, a causa di una cervellotica legge, tolse la cittadinanza ai suoi due figli, i quali non avevano fatto domanda di cittadinanza belga prima dei 18 anni e pertanto furono dichiarati apolidi.
È stato autore di numerosi libri, tra cui Ombre Cinesi, La morte di Napoleone, dal quale fu tratto un bellissimo film e di un’ottima traduzione dei Detti di Confucio. Avendo tradotto lo stesso libro in italiano, posso affermare con una certa sicurezza che la traduzione di Leys è la migliore disponibile.

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Il libro che ha coronato la sua carriera è stato The Hall of Uselessness che raccoglie molti dei suoi straordinari articoli. Sebbene non si tratti di un libro sull’Asia in senso stretto, contiene anche diversi saggi sull’arte, la storia e la politica dell’estremo Oriente.
Leys parla di Zhou Enlai, primo ministro di Mao Tzetung, del genocidio cambogiano e dell’atteggiamento della Cina nei confronti del proprio passato. Il filo conduttore di questa raccolta è l’eterodossia delle opinioni di Leys, che gli hanno causato notevoli difficoltà nel corso degli anni. Sebbene osteggiato e attaccato da diversi maîtres à penser e accademici a Parigi, New York e Roma (in Italia i maoisti furono moltissimi) tutti pro-rivoluzione comunista cinese, alla fine Leys ha avuto ragione su tutti i fronti e i suoi critici hanno avuto torto marcio, anche perché non si accorsero di circa 60 milioni di morti causati dalla follia di Mao.

330px 1966 11 1966年毛泽东林彪与红卫兵
Mao lancia la rivoluzione culturale, alla sua sinistra Lin Piao, che tenterà poi un colpo di stato.

Il titolo del libro deriva dagli anni trascorsi da Simon Leys a Hong Kong, dove viveva in una baracca di Kowloon. Quella fu la sua casa per due anni, ospite nella pensione di un ex compagno di scuola taiwanese, calligrafo e intagliatore di sigilli di pietra. Forse con qualche richiamo alle Scènes de la vie de bohème condividevano una misera stanza con un giovane storico e un filologo. Sopra di loro stava appeso una vecchia insegna intagliata nel legno con la scritta Wu Yong Tong, ovvero “La sala dell’inutilità”. Questi caratteri furono scelti dal filologo, ispirato dal Libro dei Mutamenti: “in primavera il drago è inutile”, ovvero i giovani di talento dovrebbero rimanere nascosti sino al cambio di stagione. In quella baracca, in compagnia dei suoi amici, Leys era stato felice e contento tra tetti di lamiera che perdevano acqua e a grossi ratti. Era una vera e propria università che, secondo lui, avrebbe dovuto essere (senza i topi) un modello per le università future: non istituzioni che sfornano persone che sanno molto ma capiscono poco, ma piuttosto uomini e donne dotati del coraggio di difendere i propri ideali.

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Particolarmente interessante è il saggio di Leys del 1997 su André Malraux (1901– 1976), l’icona dell’establishment di sinistra francese, che era tuttavia un personaggio assai pomposo e fraudolento. Nella famosa intervista di Malraux al presidente Mao Zedong, che fece scalpore in tutto il mondo (ricordo di averla letta sul Corriere della Sera che acquistava mio padre) quasi tutto era stato inventato. Leys lo capì leggendo le trascrizioni lasciate dagli interpreti cinese e francese che erano stati presenti all’incontro. Non solo Malraux mise le parole in bocca a Mao, ma riuscì persino a perdersi la vera notizia che gli veniva servita: un anticipo della Rivoluzione Culturale che veniva preparata in quei giorni! Leys dice questo su un altro gigante del giornalismo orientale che vide e scrisse senza capire, Edgar Snow (1905 –1972):

“Alcuni malintesi assumono dimensioni storiche. Nella celebre intervista concessa a Edgar Snow, Mao Zedong avrebbe descritto sé stesso come “un monaco solitario che cammina sotto la pioggia con un ombrello bucato”. Con il suo mix di umoristica umiltà ed esotismo, questa affermazione ebbe un impatto enorme sull’immaginario occidentale, già ben sintonizzato grazie alle serie televisive di Kung Fu. La padronanza della lingua cinese da parte di Snow, anche nei momenti migliori, non era mai stata molto buona e i suoi circa trent’anni trascorsi lontano dalla Cina non avevano contribuito a migliorarla, e non c’è da stupirsi che non abbia riconosciuto in questo monaco sotto l’ombrello “heshang da san” evocato dal Grande Timoniere il protagonista al centro di un detto molto popolare in Cina. Snow commise un grave errore. Ciò che Mao intendeva dire non era un’espressione di umiltà, ma piuttosto qualcosa di simile a: “Non ho alcuna legge, non ho nulla di sacro”.

Pierre Ryckmans

Chi non conosce Leys potrebbe, come me, scoprire in lui una sorta di fratello maggiore colto di cui non conoscevamo l’esistenza, uno che scrive con affetto degli autori che anche noi amiamo. The Hall of Uselessness è un libro straordinario, un’opera meravigliosa traboccante di saggezza, di arte e di vita, temprata da battaglie (intellettuali). È un libro da leggere, rileggere e poi tenere sempre a portata di mano. Pochi libri sono in grado come questo di entrare nell’anima del lettore in maniera così profonda.

960px 1968 Studenti in corteo i primi libretti di Mao
Giovani della Milano bene nel 1968 agitano il libretto rosso di Mao (un testo senza capo né coda, incomprensibile anche ai cinesi).