Il libro del prof. Alberto Tedoldi dell’Università di Verona

Esce per i tipi di Pacini Giuridica, in seconda edizione, il manuale dedicato dal Prof. Alberto M. Tedoldi, Ordinario di Diritto processuale civile nell’Università degli Studi di Verona (Dipartimento di Scienze giuridiche), alle procedure concorsuali nel codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza: Alberto M. Tedoldi, Crisi Insolvenza Sovraindebitamento, Pisa, Pacini Giuridica, II ed., 2025

Si tratta di un’ampia e aggiornata disamina della complessa materia, che conosce (ahinoi) una sempre più ampia diffusione applicativa, accompagnata da notevoli difficoltà interpretative e ricostruttive, dovute anche ai numerosi e debordanti correttivi, che hanno via via ampliato e ulteriormente complicato il codice della crisi, già di suo non breve e tutt’altro che semplice sin dalla sua originaria stesura, dovuta al d.lgs. 14/2019.

Si legge sin dalla Prefazione al volume che, non appena emanato il codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza e nelle non brevi more della sua entrata in vigore, è parso utile esaminare le complesse e variabili disposizioni codicistiche, mostrando identità, analogie e differenze rispetto alla legge fallimentare del 1942, continuamente riformata a partire dal biennio 2006-2007, in coincidenza temporale con la crisi finanziaria dei mutui subprime, culminata anche simbolicamente nel crack della banca d’affari Lehman Brothers nel settembre 2008,

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cui seguirono, quasi per contagio, le crisi bancarie e dei debiti sovrani, che hanno accompagnato e costellato gli ultimi lustri della vecchia Europa, flagellata da epidemie, guerre, carestie, penuria di forniture energetiche, inflazione, stagflazione, disoccupazione, precariato, indebitamento e impoverimento di massa, in una serie di piaghe «sans trêve et sans merci», che disseminano sfiducia e rinfocolano ansie apocalittiche e millenaristiche.

Il diritto, per come l’abbiamo conosciuto e specialmente un codice di cui la crisi è eponima, in quanto creazione del pensiero umano, attraversa a propria volta una profonda crisi, nel senso in cui l’intendeva Paul Valéry nel saggio La crise de l’esprit, che compose di getto nel 1919, cessato il frastuono delle armi che aveva diviso l’Europa e al quale si sarebbe saldata l’ancor più immane tragedia del secondo conflitto mondiale, non senza passare attraverso una spaventosa crisi economica, susseguente alla caduta di Wall Street nell’ottobre del 1929. 

Lo sguardo del giurista soffre sempre del ‘pre-giudizio’, della ‘pre-comprensione’ vien da dire con Josef Esser, nascenti dalle categorie di senso e di valore ereditate dalla tradizione, che il presente e la realtà hanno cura di smentire e di rendere obsolete e instabili quali foglie al vento d’autunno, nel vano tentativo di inseguire le tumultuose innovazioni imposte dalla tecnologia digitale, dall’economia finanziaria, dalle guerre energetiche e dai fenomeni migratorî. 

Siamo nel mezzo di un’incerta e malferma transizione, che revoca in dubbio e rimette in discussione i paradigmi dello ius europaeum, senza che s’intravvedano né un nuovo orizzonte di senso né un linguaggio comune in grado di recare ordine al magma delle quotidiane esperienze, che si traducono sempre più spesso in tragici drammi collettivi, come mostra la scomparsa, di fatto, del diritto internazionale pubblico e delle organizzazioni create nel secolo breve a tutela della pace postbellica, per lasciar posto esclusivo a contese geopolitiche basate unicamente sui rapporti forza. 

Terre incognite s’aprono dinanzi all’interprete, chiamato ad adattare lo strumentario di cui dispone a variabili pratiche sociali, con le quali il post-diritto nella nostra postmodernità ‘liquida’ finisce per identificarsi, rischiando però di smarrire del tutto il proprio ruolo di kathékon, di freno all’avventarsi degli uomini e dei popoli gli uni contro gli altri nella lotta per il diritto, che tende a risolversi in un puro esercizio di forza, una reine Gewalt che si traduce soltanto in pre-potere: «Il mistero dell’iniquità è già in atto, ma è necessario che sia tolto di mezzo chi finora lo trattiene» (Seconda Lettera ai Tessalonicesi, 2, 7).

Una possibile àncora di salvezza si trova, forse, in due parole, anch’esse di origine greca come krisis: la crisi globale e perpetua, che è inevitabilmente anche crisi del diritto per come l’abbiamo conosciuto, fa volgere nuovamente lo sguardo all’ethos e al dialogos, all’ascolto e al confronto discorsivo tra intelligenze nell’inesausta ricerca di verità relazionale, consapevoli dell’impossibilità di dettare regole che valgano a priori per tutto e per tutti, secondo il miraggio razionalistico del positivismo giuridico, ma tenendo ben salda la barra sui principî che una secolare tradizione ci ha posti in grembo e consegnati in legato tra mille sofferenze, così da orientare la soluzione dei singoli casi, esaminati con pazienza, accuratezza e attenzione, onde giungere a conclusioni auspicabilmente condivise o, quando tali non siano né possano essere, a una decisione attendibile e ragionevole, in quanto frutto di un percorso partecipativo e connotato da phrònesis dialogica, cioè dal metodo del confronto e della ragion pratica, con autentica passione per il diritto e per la giustizia: la quale, in hoc mundo, non è né può essere altro che giustizia del caso singolo, case law e judge made law, dove la legge scritta è ormai soltanto un canovaccio distribuito agli interpreti e agli operatori, che tutti concorrono, in forma etico-dialogica appunto, a costruirne il senso e a produrne il significato normativo, a fissare il nomos, il confine e il limite e, con questi, a porre un freno alle conseguenze, che sono già e potrebbero essere sempre più devastanti, ove fossero abbandonate alla deriva dei meri rapporti di forza.

Il codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza contiene, quasi per antonomasia, il post-diritto del nostro tempo, in continua metamorfosi. Per comprenderlo e spiegarlo è stato necessario, nei corsi universitari e così nel libro qui recensito, invertire l’ordine codicistico, esaminando i numerosi istituti della crisi e dell’insolvenza (e del sovraindebitamento, per chi non sia soggetto alla liquidazione giudiziale) a ‘canone inverso’, con moto e andamento quasi retrogradi, prendendo le mosse dal nuovo nome che reca il fallimento, ora liquidazione giudiziale, che tutto sistematicamente e storicamente racchiude, laddove gli altri istituti del codice, anche i primi per numerazione di articoli, compiono continui riferimenti, espliciti o impliciti, alle regole che governano struttura ed effetti della liquidazione giudiziale, pur collocata ad finem nel costrutto del codice. 

Alla trattazione dedicata alla liquidazione giudiziale tien subito dietro quella sul concordato preventivo, che è stato ed è ancora, da oltre tre lustri a questa parte, un laboratorio sperimentale di idee e di novità e che, anche per ricchezza dell’ordito legislativo, della giurisprudenza e delle prassi, funge da paradigma per molti degli altri «strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza», la nuova assai ampia e quasi indeterminata categoria definita nella lett. m-bis) dell’art. 2 del codice della crisi, che include gli accordi in esecuzione dei piani attestati di risanamento, il piano e gli accordi di ristrutturazione dei debiti soggetti a omologazione, la ristrutturazione dei debiti del consumatore e il concordato minore, nonché il concordato semplificato, susseguente alla composizione negoziata della crisi.

Esaminati tali istituti, il libro giunge alle misure intese a rilevare e segnalare precocemente la crisi e a rimediare, ancor prima, alla probabilità della stessa, che pure è definita, a sua volta, quale insolvenza probabile dall’art. 2, lett. a), del codice stesso, onde esperire, su richiesta dell’imprenditore, la composizione negoziata della crisi con l’ausilio di un esperto indipendente, nominato da una commissione istituita presso le camere di commercio, quando nubi s’addensino all’orizzonte, dacché l’impresa versa in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario, che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza, essendo sia ragionevolmente perseguibile il suo risanamento. Un istituto, quello della composizione negoziata della crisi, ultimo nato eppur già venuto in gran moda, dotato qual è d’una pragmatica elasticità bonne a tout faire, che ne favorisce una larga e assai utile diffusione.

Il volume si apre con l’introduzione e con i lineamenti generali, con i quali si getta uno sguardo alla storia, al quadro d’assieme e ai principî cui s’informa la cangiante materia della crisi, dell’insolvenza e del sovraindebitamento, il trittico dei presupposti oggettivi che campeggiano nel titolo del manuale; e si chiude con tre capitoli, dedicati ai gruppi di imprese, alla liquidazione coatta amministrativa e alle amministrazioni straordinarie delle grandi imprese in stato d’insolvenza, che valgono a completare la disamina, tota lege cognita et perspecta.

Il diritto della crisi e dell’insolvenza è in continua e incessante evoluzione, come lo è il mondo globalizzato nelle crisi perpetue ed endemiche del secolo ventesimo primo. È il diritto del presente e del futuro, una sorta di post-diritto al servizio dell’economia, precipuamente digitale e finanziaria, che si aggiunge alla post-verità, alla post-democrazia, in una parola alla postmodernità liquida del nostro tempo, come già il grande Goethe aveva intuito nel Faust, oltre due secoli or sono: «I diritti e le leggi si tramandano come una malattia che non ha fine; arrancano da una generazione all’altra, lentamente migrano da un luogo all’altro. La ragione diventa nonsenso, la benevolenza una piaga: guai a te che sei un postero! Del diritto che è nato insieme a noi, purtroppo, non si fa questione», si legge in esergo al volume Crisi Insolvenza Sovraindebitamento.