(Giorgio Massignan) Ho seguito sulla stampa locale il confronto tra il presidente della Fondazione Bentegodi Giorgio Pasetto e il presidente della commissione urbanistica Pietro Trincanato di Traguardi.  Pasetto aveva sollevato l’esigenza di trovare una nuova sede per la Fondazione Bentegodi, più adatta a rispondere adeguatamente alle tante attività che svolge e senza le troppe barriere architettoniche che penalizzano quella attuale di via Trainotti. 

Aveva anche presentato alcune ipotesi per invitare la Pubblica Amministrazione ad affrontare questo problema vecchio di decenni.  Ma, l‘inadeguata e supponente risposta di Trincanato ha provocato le dimissioni di Pasetto e creato imbarazzo nell’attuale maggioranza.  Alcune delle risposte che l’esponente di Traguardi ha dato alle giuste richieste del presidente della Fondazione Bentegodi sono state: “un’emanazione del Comune ha l’ardire di indicare il modus operandi che l’Amministrazione dovrebbe seguire…” e, riferito direttamente a Pasetto: “non detti tu la linea alla Giunta…”

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Pietro Trincanato

A prescindere dal condividere o meno le proposte di Pasetto per la nuova sede che, a mio giudizio, non dovrebbe consumare altro suolo, ma rigenerare un contesto dismesso, è dimostrato che quella attuale non è adeguata e che questa Amministrazione, come quelle del passato, non ha fatto nulla per risolvere il problema. 

Va ricordato che la Fondazione Bentegodi ha oltre un secolo di vita e migliaia di persone coinvolte, si tratta di un patrimonio sportivo vanto per la nostra città, che andrebbe sostenuto e non abbandonato. 

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Ma, quello che si evince chiaramente nelle risposte di Tricanato, è il modo di considerare i contributi dei cittadini, degli esperti esterni ai luoghi di potere e dei rappresentanti di alcune associazioni di volontariato e, in questo caso, anche di un ente pubblico, che non risultano allineati con le direttive della Giunta. 

Alcuni amministratori, scordando le promesse di governare la città attivando la partecipazione attiva dei veronesi, sembrano considerare le osservazioni critiche e le proposte operative provenienti dalla Verona civile, espressioni di lesa maestà. 

In questo modo si è consolidata la chiusura del Palazzo comunale verso la città, perdendo l’ennesima opportunità di rendere partecipi alla gestione del territorio coloro che lo abitano.