(David Benedetti*) Ogni anno, quando rivedo in corridoio i genitori alla prima riunione, mi ricordo che la scuola non è composta solo da studenti e insegnanti, ma da un triangolo fragile: noi, loro e i figli che condividiamo. È un equilibrio delicato, continuamente in bilico tra aspettative, paure e malintesi.
I genitori arrivano spesso con la stessa ansia dei ragazzi. Qualcuno teme che il figlio non renda quanto potrebbe; altri cercano rassicurazioni, come se la scuola potesse garantire felicità e futuro con una firma sul registro. E noi insegnanti cerchiamo di spiegare che l’educazione non è un servizio da consumare, ma un percorso da fare insieme.
La verità è che spesso parliamo lingue diverse: loro vedono il singolo figlio, noi vediamo l’intera classe. Loro conoscono le fragilità domestiche, noi osserviamo quelle che emergono tra i banchi. Mettere insieme questi due sguardi non è semplice, ma quando succede, la crescita dei ragazzi accelera in modo sorprendente.
Quello che chiediamo ai genitori, e che promettiamo in cambio, è fiducia. Fiducia nel fatto che non siamo lì per giudicare, ma per accompagnare. Fiducia nel fatto che un voto non definisce nessuno, è solo uno strumento che misura la performance di quel giorno. La scuola non distribuisce voti: forma persone, educa al pensiero critico e prepara cittadini consapevoli.
In un tempo in cui tutti parlano di scuola senza viverla, l’alleanza tra genitori e insegnanti è il vero antidoto al disorientamento educativo. Quando ci si ascolta davvero, spariscono sospetti e ruoli contrapposti. Resta un’unica domanda, la più semplice: “Cosa possiamo fare insieme per questo ragazzo?”
* insegnante Liceo Scientifico
