(Angelo Paratico) Papa Leone XIV ha pranzato ieri nella Nunziatura Apostolica, per poi recarsi nel primo pomeriggio al Palazzo della Minerva, dove si trova la Biblioteca del Senato della Repubblica. Vi è stato accolto dal presidente del Senato Ignazio La Russa, accompagnato dal segretario generale, Federico Silvio Tonato. Il Papa, uomo di grande cultura classica, non ha voluto rinunciare alla possibilità di vedere e toccare la celebre Bibbia di Borso d’Este, uno dei massimi capolavori dell’arte rinascimentale italiana.

Dal 14 novembre 2025 al 16 gennaio 2026 la “Gioconda fra le Bibbie” resterà esposta nella Sala Capitolare del Senato della Repubblica, in Piazza della Minerva 38, a Roma. L’esposizione, inserita nel programma delle attività giubilari, è promossa dal Senato della Repubblica, in collaborazione con la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero della Cultura, le Gallerie Estensi, il Commissario Straordinario di Governo per il Giubileo e l’Istituto dell’Enciclopedia Treccani. Il capolavoro è eccezionalmente esposto nella capitale in occasione del Giubileo e questo evento ha un carattere di eccezionalità, poiché il manoscritto viene esposto al pubblico solo in rarissime occasioni.
Fu Giovanni Treccani, imprenditore e mecenate, a salvare questo capolavoro dalla dispersione. Informato della imminente vendita da Giovanni Gentile (allora ministro della Pubblica Istruzione) in un incontro a Palazzo della Minerva, Treccani si recò a Parigi e il primo maggio 1923 acquistò la Bibbia per 3,3 milioni di franchi francesi (5 milioni di lire dell’epoca), per tramite del libraio antiquario Tammaro De Marinis.

Borso d’Este nacque a Ferrara il 24 agosto1413 dal marchese Niccolò III d’Este e da Stella dei Tolomei dell’Assassino, madre, anche di Lionello e di Ugo. Benché illegittimo, Borso non fu trascurato dal padre, particolarmente affezionato alla madre. Dopo la giovinezza passata combattendo si dedicò ad accrescere il prestigio della casata d’Este.

La sua Bibbia, realizzata tra il 1455 e il 1461 dal calligrafo Pietro Paolo Marone e dai miniatori Taddeo Crivelli e Franco dei Russi, rappresenta una delle massime espressioni dell’arte della miniatura, unendo in modo mirabile raffinatezza ornamentale, perizia artistica, ispirazione religiosa e fu eseguita su finissima pergamena. Seguendo le sorti della casata, i due volumi furono portati da Ferrara a Modena nel 1598, dove rimasero sino alla fine del ducato, nel 1859. In quell’occasione venne presa da Francesco V d’Asburgo-Este sulla via dell’esilio e portata in Austria. Nel 1922, alla morte di Carlo I d’Austria, la vedova Zita di Borbone-Parma decise di metterla in vendita.
