Cari lettori, oggi è l’ultimo giorno in cui ho il privilegio di firmare L’Adige di Verona come direttore responsabile. Dal primo giorno sono passati oltre quattro veloci e bellissimi anni. Pur avendo trascorso quasi 25 anni tra settimanali e quotidiani, è stata la mia prima volta al “comando” di una macchina complessa come un giornale che tutti i giorni affronta il mercato e si presenta ai lettori. Anzi, più volte al giorno: perché è online e non dorme finché ha una notizia da pubblicare. Un bell’impegno, visto che la testata, nata nel 1866 esattamente da quando Verona è italiana, è sparita e riapparsa più volte ma è ancora qui dopo 160 anni.
Il commiato del direttore dopo quattro anni
La mia è una scelta un po’ sofferta. Da un lato è vero, come si dice, che “se fai il lavoro che ami ti sembrerà di non aver mai davvero lavorato, ma vissuto il tuo sogno”. Ma c’è un tempo per ogni cosa e le nuove stagioni portano nuovi desideri. Il mio è continuare a scrivere ma in uno scenario grande come il resto del mondo, che ho girato per anni e mi manca un po’. Tanto. E quindi mi rimetterò in viaggio e tornerò a occuparmi di esteri in un momento che a un giornalista offre molti, fin troppi spunti da approfondire.
Se potrò ancora essere utile continuerò anche a scrivere su L’Adige di Verona, ma (per dirla fotograficamente) con il grandangolare, non con un microscopio incentrato sulla splendida Verona. So che il giornale sarà in buone mani per proseguire il cammino, e provo per i colleghi e i componenti della società editrice affetto e gratitudine per aver tenuto viva questa testata storica. Ma il nomade che dormicchia in me (sempre con un occhio solo) chiede spazio ed è tornato a riempire uno zaino leggero, pieno di curiosità.
In questo periodo sono stati fatti passi avanti per consolidare una voce tradizionale ma innovativa sia sul piano sia tecnico che delle idee. Abbiamo rafforzato il sito per adattarlo al crescente afflusso di lettori e di temi trattati, adottato nuove versioni grafiche, inserito rubriche che vanno dallo sport alla salute, da economia e finanza e cultura e spettacoli, con i territori che richiedono visibilità e notizie oltre il capoluogo e una presenza sui social che meritano sempre più presidio. E nel lavoro siamo affiancati da collaboratori e commentatori che raccolgono e approfondiscono le cronache.

A proposito di collaboratori, ci tengo a sottolineare che L’Adige di Verona ha avuto e ha tuttora una funzione della quale siamo (io per primo) orgogliosi. Piccoli e di certo non paragonabili a testate con più mezzi e disponibilità, abbiamo però accolto e formato numerosi giovani collaboratori che vogliono fare del giornalismo la loro professione. Lavorando con noi hanno imparato dove cercare e come dare le notizie e dosare i commenti. Alcuni stanno già percorrendo anche altre strade, sulle quali è bello vederli camminare da soli.
“Uno spazio per chi di solito non ne trova”
Un mio ringraziamento tutt’altro che informale va alla società editrice Giornale Adige Srl. Che come capita spesso alle volonterose start up ha investito su idee e principi senza sapere se ne avrebbe ricavato un ritorno. Infatti ha affrontato anche momenti complicati, riuscendo a superarli con l’impegno e la costanza che vengono da un obiettivo chiaro e definito: dare a Verona e al suo territorio una voce in più. Una voce libera e autonoma, non legata a interessi particolari ma alla volontà di offrire uno spazio a chi di solito non ne trova. Ma così si perde la “biodiversità” dell’informazione.
Su L’Adige di Verona oltre alla cronaca si possono leggere quotidianamente opinioni e visioni, pensieri e posizioni (non solo politiche) anche scomode, controcorrente, forse marginali, altrove silenziate, contestate e perfino contestabili. A volte capita che non le condividiamo neanche noi che le ospitiamo, ma ci riconosciamo nella logica per cui, come si diceva un tempo, “Riceviamo e pubblichiamo, compresi errori, opinioni e valutazioni dell’autore”. Ma non per questo destinate al macero. Non decidiamo per i lettori, diamo loro l’opportunità di informarsi per formarsi una propria opinione.

Breve, senza tristezze ma con tanto entusiasmo, come dev’essere il commiato da un lavoro in cui sei stato bene, mi fermo qui. Non senza indirizzare un cordiale in bocca al lupo a chi prenderà il mio posto al sorgere dell’anno nuovo. E infine, con un filo di emozione (e del resto anche Gandalf ci rassicura che “non tutte le lacrime sono un male”), il mio grazie a tutti – ma proprio a tutti tutti – per aver accompagnato L’Adige di Verona in questi tempi interessanti e per averne apprezzato – o liberamente criticato – progressi e salti nel vuoto, scivolate e qualche cicatrice che dice dove siamo stati e cosa abbiamo appreso. Voi rimanete, però: L’Adige di Verona non si ferma.
Stefano Tenedini
