“Serve un intervento strutturale e urgente: le condizioni in cui opera la Polizia penitenziaria alla Casa circondariale di Montorio non sono più tollerabili”. È l’allarme lanciato dal consigliere regionale Tomas Piccinini (Veneta Autonomia), a seguito del sopralluogo effettuato nel carcere veronese, che ha messo in luce una situazione definita “di grave criticità”.
A preoccupare sono in particolare la carenza di personale, le condizioni ambientali inadeguate e i turni di lavoro che, secondo quanto riportato, arriverebbero fino a 26 ore consecutive, spesso senza compensi per gli straordinari. “Chi ogni giorno garantisce la sicurezza dello Stato – dichiara Piccinini – merita rispetto, organici adeguati e tutele concrete. Lasciare questi uomini e donne soli, in un contesto tanto fragile, è inaccettabile”.

I dati fotografano un’emergenza strutturale: 630 detenuti presenti rispetto a una capienza regolamentare di 335 posti, con 310 agenti in servizio su un fabbisogno stimato di almeno 420 unità. Una sproporzione che, secondo il consigliere, “mette a rischio non solo la tenuta dell’istituto penitenziario, ma anche la salute, la sicurezza e la dignità degli operatori”.
“Non si può invocare il rispetto della legalità – prosegue Piccinini – se poi si ignora chi ne è garante nelle condizioni più difficili. A Montorio, gli agenti lavorano in ambienti spesso insalubri, con postazioni prive persino di luce naturale. È un paradosso che si ripete da anni, e che oggi richiede risposte immediate”.
Da qui l’appello a una riforma complessiva del sistema penitenziario, che punti non solo al rafforzamento degli organici, ma anche al miglioramento delle strutture, alla gestione adeguata dei detenuti con fragilità psichiche e all’estensione delle misure alternative per le categorie vulnerabili.
“Il carcere – conclude il consigliere – non può essere ridotto a un’emergenza cronica. È tempo di assumere decisioni coraggiose, che restituiscano dignità al personale penitenziario e riportino le carceri italiane al ruolo che la Costituzione assegna loro: luoghi di giustizia e rieducazione, non di abbandono e logoramento”.
