(Simone Vesentini*) C’è una solitudine, oggi, nel raccontare la tavola veronese. Si avverte quando un visitatore entra in ristorante ed ordina con la fretta nello sguardo, con il tempo contato ed un palato omologato dalle tante esperienze internazionali fintamente “italiane”. La cucina a Verona richiede tempo ed ascolto ma il viaggiatore spesso ne ha troppo poco per scoprire davvero l’ampiezza dei nostri sapori.

Eppure il nostro territorio custodisce strumenti straordinari: le De.Co., le IGP, le DOP; i Ristoranti Tipici riconosciuti dal Comune e la ristorazione storica che resiste come un presidio di memoria.  Non sono luoghi che servono soltanto piatti ma che tramandano un lessico di ingredienti, gesti e rituali. Baluardi di socialità in un mondo che cambia più che imprese commerciali.
Accanto a loro brillano i ristoranti stellati e l’alta cucina scaligera, capaci di portare all’estremo la qualità della materia prima locale. 

Se la tradizione custodisce l’identità, la grande cucina la esalta, la ricompone in nuove forme e la consegna al futuro. Due percorsi paralleli e necessari: senza l’uno, il rischio dell’immobilità; senza l’altro, quello della dispersione. In questa battaglia il personale di sala e di cucina è l’alleato più prezioso del ristoratore ma reperirlo e formarlo è sempre più complesso. 

Eppure un piatto non si esaurisce soltanto nella ricetta: vive nello sguardo di chi lo presenta, nel gesto di chi lo serve, nella voce che lo racconta.  In tempi di turismo veloce e redditi in calo, difendere la tradizione può sembrare una scelta anti-commerciale ma non tutto si misura con il metro del fatturato immediato. Ci sono battaglie che appartengono al dovere culturale prima che al calcolo economico.

Il vino veronese, da questo punto di vista, è stato più bravo e fortunato. Amarone, Valpolicella, Soave, Lugana: nomi che il mondo riconosce. La cucina resta un passo indietro. Forse perché è più difficile da comunicare in pochi secondi, forse perché richiede il coraggio di sedersi e lasciarsi guidare.

Per questo potrà aiutare un racconto collettivo che inizi già da remoto, sui blog e su internet e continui nelle sale e nelle cucine. Verona non è solo cartolina ma anche piatti che raccontano, gesti che accolgono e voci che tramandano. Se il vino ha trovato le “giuste”parole per andare nel mondo, è tempo che anche la cucina scaligera trovi le sue.

*Ristoratore e referente Fiepet Confesercenti Verona.