(Angelo Paratico) Lo scorso fine settimana centinaia di migliaia di americani si sono di nuovo riversati in strada per festeggiare il Columbus Day mostrando incredibile gioia. Le statue sono state rialzate e messe al loro posto. Ricordiamo quando su Rai International vedevamo sfilare per le vie di New York la nostra Francesca Alderisi con il tricolore sulla spalla. Ora nelle scuole non possono insegnare agli studenti che si tratta del “Giorno dei popoli indigeni”, perché non è più così. È tornato ad essere il giorno che è sempre stato, il giorno in cui il vecchio mondo ha scoperto quello nuovo ed è iniziato uno scambio reciproco di cose buone e cattive.

La storia di Cristoforo Colombo fa parte della leggenda e della tradizione americana da centinaia di anni, insieme ai bellissimi libri per bambini e alle indimenticabili Nina, Pinta e Santa Maria, oltre a tutte le sofferenze e incomprensioni di quel viaggio. Quella rivoluzionaria idea di navigare verso Occidente era stata a lungo carezzata anche da altri navigatori prima di Colombo ma chi la propose con grande fermezza fu il fiorentino Paolo dal Pozzo Toscanelli (1397-1482) un cartografo e un sapiente. Fu lui che nel 1474 scrisse una lettera al re del Portogallo, assicurando che era possibile raggiungere la Cina navigando verso ovest anziché verso est. Colombo, infatti, scoprirà l’America (il nome viene da un altro grande fiorentino, Amerigo Vespucci) cercando una rotta occidentale per la Cina, questo perché la Cina era conosciuta come una terra ricca e meravigliosa. Cristoforo Colombo, a differenza di Amerigo Vespucci, fu erroneamente certo di aver raggiunto la Cina, non un continente nuovo. Quando Colombo morì, nel 1506, era ancora convinto che Cuba facesse parte del Giappone, il Zipangu descritto da Marco Polo. Il grande genovese possedeva una copia di Il Milione, che era stato stampato per la prima volta nel 1485, e ordinò una copia manoscritta personale nel 1486, sulla quale lasciò centinaia d’annotazioni, dunque, già prima del 1492 conosceva bene il contenuto di quel libro.
Naturalmente, nessuna storia è priva di difetti. Il viaggio portò l’Impero spagnolo nelle Americhe con lo sfruttamento delle risorse naturali, la promozione della tratta degli schiavi e nuovi ceppi di malattie infettive, la più celebre delle quali fu la sifilide, che provocò disastri in Europa. Allo stesso tempo, l’arrivo dell’impero portò anche la tecnologia, il cristianesimo, i diritti umani, standard civili di legge, processi con giuria, libertà religiosa e aprì metà del mondo allo sviluppo e alla prosperità.
l problema del movimento anti-Colombo nato decenni fa negli USA è che ha sopravvalutato la cultura indigena e poi ha creato una caricatura delle forze coloniali che hanno allargato la portata della cultura e del popolo europei. Lo ha fatto sulla base di motivi puramente ideologici radicati nella convinzione che tutti i successi dell’Occidente abbiano avuto origine dalla violenza e dalla sopraffazione. Eppure, lo stesso presidente Thomas Jefferson celebrava la cultura dei pellerossa, le loro profonde tradizioni di indipendenza e coraggio, ed esponeva con orgoglio manufatti nella sua casa. Anche le loro monete li celebravano, e ancora oggi è vero che dei personaggi di spicco si vantano con orgoglio se rilevano anche il minimo accenno di indianità americana, per trarne personale beneficio.

In generale, ciò che i coloni europei hanno realizzato nelle Americhe ha dato vita a una civiltà che ha costruito il mondo moderno, hanno scritto costituzioni e limitato il potere dei despoti, hanno costruito cattedrali e città, hanno portato l’arte e la musica ad altissimo livello, hanno concepito l’idea dei diritti umani e hanno finalmente posto fine alla schiavitù (grazie ai loro cugini britannici) per motivi morali. Vale la pena festeggiarlo? Certamente sì. Assolutamente sì. Ora è tornato in auge grazie a un coraggioso ordine esecutivo di Donald Trump. Speriamo così che si blocchi la tendenza secondo cui la cultura d’élite negli Stati Uniti e nella maggior parte dell’Europa e del Regno Unito ha perso fiducia in tutti i risultati raggiunti in passato dai nostri padri.
Ora le élite stanno riportando in auge la barbarie e la chiamano arte. I curatori stanno letteralmente profanando gli spazi sacri e invitando il pubblico a vedere i loro pessimi risultati. Ogni volta che succede qualcosa del genere, si spera che sia l’ultima goccia, l’incidente che risvegli le masse su ciò che sta realmente accadendo e sull’insondabile corruzione che corrode i vertici della gerarchia sociale.
La rinascita del Columbus Day negli Stati Uniti è un meraviglioso segno di una possibile inversione di tendenza. Ci rende ottimisti sul fatto che la civiltà possa essere salvata, dopotutto.
