(di Gianni Schicchi) Ancora Le Quattro Stagioni di Vivaldi al Ristori, per aprire questa volta una importante stagione concertistica come quella de I Virtuosi Italiani, arrivata alla sua XXVII edizione. Non è che se ne sentisse un gran bisogno, visto che del capolavoro vivaldiano se ne sono ormai ascoltate centinaia di esecuzioni, in tutte le salse, da quelle più moderne ad altre storicamente informate. 

Tuttavia uno potrebbe anche addurre subito le solite contrapposizioni: di quanto questa musica sia ancora fresca, nonostante l’uso commerciale che si è sempre fatto, di quanto sia capace di risvegliare letture personali ecc. o che sia possibile (come in realtà è successo) riascoltarle adattate ad un modo di sentire più legato ai nostri tempi, interpretate poi da un ensemble di rilievo internazionale che ne proponesse anche una versione reiventata/rivisitata con materiale di propria fattura e invenzione. Ecco allora la celebre Janoska Ensemble (mancava dal 2019), dall’invidiabile pedigree, alle prese con brani dove solo l’incipit musicale era in realtà di Vivaldi.

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Per il resto l’ensemble, forte del pianoforte di Frantisek Janoska, dei violini dei fratelli Roman e Ondrej e del contrabbasso del cognato Julius Darvas, si è esibita in una personale e gioiosa reinterpretazione delle Quattro Stagioni (“nello stile Janoska”), con un sound di assoluto fascino che ci ha rimandato, sia pure vagamente, alle Stagioni vivaldiane rielaborate di recente anche da Max Richter con l’Orchestra da camera di Berlino.

Ne è uscita una interpretazione sempre mobilissima e variegata dell’efficiente ensemble slovacco, che quando vuole dimostrarlo è poi anche à la page, nel suo essere informato stilisticamente, ma senza pedanterie, brillante, eccentrico, dal suono curatissimo nel dettaglio e nelle dinamiche. 

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Specialmente Roman e Ondrej suonano in prevalenza con gusto e timbrica squisita, che appena è possibile sanno anche ritagliarsi oasi liriche nelle quali possono evidenziare al meglio le loro capacità di cesello. Le pagine eseguite sono fra le più virtuosistiche possibili, dando modo soprattutto al loro violino di mostrare le sue abilità tecniche, ma soprattutto il suo carisma e il suo modo di intendere la musica come occasione di incontro tra stili e derivazioni musicali differenti. 

I tempi Presto e Largo delle stagioni, firmate Janoska, sono diventati anche un pretesto per una summa di diavolerie tecniche che si concludono addirittura con divertite citazioni paganiniane. Tutte libertà che i due violinisti possono permettersi grazie ad una tecnica superlativa e ad una fantasia giocosa e sbrigliata che non teme eccessi. Frantisek Janoka col suo pianoforte si è avventurato in una “Spring” scintillante tratta dall’ omonimo Concerto n° 1 dell’op. 8, mentre Roman Janoska si è cimentato in una “Summer” dalle sonorità soffocate e dai ritmi sfatti, desunti dell’omonimo Concerto n° 2. Julius Darvas col suo contrabbasso si è inventato un tema dall’Autunno del concerto n° 3 mentre Ondrej ha finito con un Inverno di note ribattute e trillanti narrate nel Concerto n° 4 dell’op. 8.

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I quattro della Janoska sono unici nel loro genere ed hanno mostrato di essere in grado di potersi inventare qualsiasi altro spettacolo improntato sulla musica dei grandi compositori. Riescono a riempire qualsiasi spazio musicale con spontanea creatività e destrezza, perché in ogni concerto interpretano i pezzi in modo sempre nuovo e sorprendente, con improvvisazioni perfino jazzistiche al violino, a volte imbracciato come una chitarra.       

I Virtuosi Italiani che accompagnavano l’ensemble hanno mostrato una rinnovata flessibilità ed un notevole virtuosismo. L’orchestra ha mantenuto un esemplare comportamento anche all’interno dei singoli movimenti dove “i tutti” conservano la loro funzione tradizionale, formando l’ossatura costruttiva, l’elemento di simmetria e di stabilità, esprimendo nello stesso tempo l’atmosfera dominante del brano. 

Un Vivaldi così “trasformato” non lo abbiamo mai sentito eseguire. Certi azzardi proposti hanno lasciato frastornato il pubblico. Si è usciti dal teatro un po’ straniati da questa esecuzione, ma catturati e desiderosi di rimettersi all’ascolto. La serata dall’esito scontatissimo è terminata con un vero tripudio di pubblico, con alcuni bis cantati dallo stesso, con una Czarda di Monti dove il direttore artistico de I Virtuosi Italiani Alberto Martinisi si è unito ai due violini Janoska e con l’immancabile O sole mio che ha visto  tutto il pubblico balzare in piedi. Prima dello spettacolo Alberto Martini ha chiesto un minuto di silenzio per ricordare l’eccidio dei tre carabinieri a Castel d’Azzano.