Si è tenuto sabato scorso, 18 ottobre, presso Edizioni Ritter a Milano, l’incontro dal titolo “Transumanesimo – Il salto nel vuoto o l’evoluzione inevitabile?”. L’evento, moderato dal sociologo Fabrizio Fratus, ha riunito 3 voci di primo piano del pensiero contemporaneo: Stefano Vaj, segretario nazionale dell’Associazione Italiana Transumanisti, e i filosofi Massimo Maraviglia e Martino Mora.

Il dibattito ha offerto al pubblico un intenso confronto sul futuro dell’uomo nell’era della tecnologia avanzata, tra entusiasmo per le possibilità offerte dall’innovazione e timori per la perdita della dimensione umana.

Transumanesimo come prosecuzione dell’evoluzione

Nel suo intervento, Stefano Vaj ha illustrato la visione transumanista come prosecuzione naturale dell’evoluzione biologica e culturale. Secondo il saggista, il progresso tecnologico non rappresenta una minaccia, ma una nuova fase del percorso umano verso l’autodeterminazione. “L’uomo – ha ricordato Vaj – è l’unico essere capace di scegliere la propria evoluzione. Rinunciare a farlo significherebbe tradire la nostra stessa natura.” Una posizione che ha suscitato grande interesse tra i presenti, richiamando la necessità di un dibattito libero da pregiudizi ideologici e aperto alla complessità del futuro prossimo.

Transumanesimo riduce l’uomo a macchina

Di segno opposto gli interventi dei filosofi Massimo Maraviglia e Martino Mora, che hanno espresso una critica netta al paradigma transumanista. Entrambi hanno sottolineato i rischi di un approccio tecnocratico che riduce l’essere umano a semplice macchina biologica, esaltando l’efficienza a scapito della libertà e della spiritualità. “Il sogno di potenziare l’uomo – ha osservato Maraviglia – può facilmente trasformarsi in incubo, se dimentichiamo che la grandezza umana sta proprio nei limiti, nella fragilità, nella consapevolezza della morte.”

Martino Mora ha insistito invece sul piano culturale e morale, definendo il transumanesimo “il compimento ultimo della modernità nichilista”, dove l’uomo rischia di smarrire la propria identità, sostituita da algoritmi e intelligenze artificiali che promettono immortalità ma cancellano la persona.

Il moderatore Fabrizio Fratus ha guidato con equilibrio la discussione, ponendo domande provocatorie e stimolando un confronto vivace tra i relatori e il pubblico. Ne è emersa una dialettica tesa ma rispettosa, che ha mostrato quanto il tema del rapporto tra uomo e tecnologia sia ormai centrale non solo nella filosofia, ma anche nella vita quotidiana e nella politica.

Al termine dell’incontro, il pubblico ha animato un fitto dibattito, segno del grande interesse suscitato da un argomento che tocca da vicino le paure e le speranze del nostro tempo. In un’epoca in cui l’intelligenza artificiale scrive testi, cura malattie e anticipa decisioni umane, la domanda non è più se il transumanesimo si realizzerà, ma quale direzione prenderà e chi ne traccerà i confini etici.

L’appuntamento milanese ha dimostrato ancora una volta la necessità di discutere apertamente di ciò che ci attende. Oggi la vera sfida non è scegliere tra uomo e macchina, ma decidere che tipo di umanità vogliamo salvare nell’epoca delle macchine.