(Angelo Paratico) Un’antica definizione veronese per definire una bella brunetta è: “l’è una bela tartarina”. Sembra incredibile, ma il riferimento è davvero riferibile alla Tartaria, come area geografica. Questo è un evidente sintomo del fatto che anche a Verona, dopo la Peste Nera, arrivarono delle serve dall’Estremo Oriente, i cui geni e cromosomi sono stati ormai inglobati nel ceppo veronese.

Migliaia di schiavi, una volta raggiunta la Crimea, venivano rivenduti a mercanti genovesi e veneziani e più del novanta per cento di loro erano di sesso femminile, dagli 8 ai 18 anni. Generalmente venivano classificati come tartari perché, agli occhi degli europei, somigliavano ai mongoli, noti anche come tartari. Possiamo ammirare un impeccabilmente guerriero mongolo dipinto dal Pisanello nella basilica di Santa Anastasia. In tutta l’Europa del periodo nessuno ne aveva riprodotto uno con tanta precisione. Quando si parla di schiavitù vengono in mente le suggestive immagini di piantagioni di cotone negli Stati Uniti d’America. Eppure, la schiavitù in Italia fu molto diffusa sino alla metà del diciottesimo secolo. L’economista e filosofo illuminista Melchiorre Gioia (1767-1829) evidenziò correttamente il fatto che: “Non fu la religione che fece sparire la schiavitù dalla maggior parte d’Europa, ma il lento progresso delle arti e del lusso. Non è stata la religione che ha distrutto la schiavitù: gli schiavi sussistettero per molti secoli a fianco degli altari…La schiavitù è andata scemando in ragione dei progressi della filosofia, e i sovrani che attualmente la professano, pongono la loro gloria nel chiamare i servi della gleba alla libertà”. Restano molti anni notarili che svelano questo traffico e vi si trova anche qualche cinese, indicato con la formula ex ortha cathaiorum ossia proveniente dalla Cina (Cathay). Questo traffico di esseri umani, da Oriente a Occidente, è innegabile per via dell’abbondanza dei documenti originali che sono ancora conservati negli archivi. Tutto ciò sorprende, giacché si può notare come sia stata operata una vera e propria rimozione dalla nostra memoria collettiva. Molti documenti storici veronesi sono andati distrutti durante l’occupazione veneziana di Verona, ma in Toscana gli archivi ci sono giunti pressoché intatti e gli esempi di battesimi, acquisti e malleve sono moltissimi.

L’importazione di schiavi fu dovuta al caos sociale provocato dalla peste, nota come morte nera (1346-1353) che uccise il 60% della popolazione europea nel giro di pochi mesi. Il morbo proveniva dalle steppe orientali ma dopo il caos iniziale, velocizzò lo sviluppo sociale, affrancando il proletariato, in quanto ridusse le braccia disponibili per lavorare la terra e trasformò decine di milioni di servi, redenti solo a metà, in liberi agricoltori e, nel secolo successivo, in proprietari terrieri. La peste fu definita: un punto di svolta nella storia umana. Una dichiarazione drastica, che però contiene più di un seme di verità. Il morbo, certamente, portò dei cambiamenti radicali e irreversibili nella società europea, poiché i campi non potevano essere coltivati e i padroni che vivevano nelle città dovettero mettersi in competizione fra di loro per l’assunzione dei lavoratori. Alla vigilia dell’arrivo dell’epidemia, la Toscana era una delle regioni più ricche e densamente popolate d’Italia, con circa due milioni d’abitanti. Nel 1347, solo a Firenze vivevano circa 94.000 persone, ma dopo che la peste la colpì, nel marzo del 1348, il numero scese a circa 37.000. La peste trovò terreno fertile a Firenze e nel suo contado, perché erano già prostrati da eventi naturali e causati dall’uomo. La leggendaria tempra dei fiorentini fu messa a dura prova più volte nello spazio di una sola generazione. La guerra contro Pisa del 1341; terremoti e piogge torrenziali nel 1375, che provocarono alluvioni; una catastrofe finanziaria nel 1346, causata dalla mancata restituzione di un enorme prestito concesso a re Edoardo III d’Inghilterra: si trattava della mostruosa somma di 1.365.000 fiorini d’oro prestati dai banchieri fiorentini per permettere al sovrano di condurre la sua guerra in Francia. Infine, nel 1347, la città fu colpita dalla carestia e di nuovo da un terremoto. Il morbo arrivò dal Mar Nero, dove i mercanti genovesi e veneziani mantenevano degli avamposti commerciali, trafficando con i mongoli dell’Orda d’Oro. Certamente personaggi facoltosi di Verona acquistarono schiave tartare a Venezia e poi le misero a lavorare nelle proprie case e nei campi. A Verona, per arginare i numerosi casi di rapimenti, violenze sessuali (estranei che entravano nelle case e violentavano le altrui schiave) e rivolte, vennero introdotte delle leggi draconiane per cercare di arginare questi spiacevoli fenomeni.
