Nascita a Venezia
(Angelo Paratico) Cristina da Pizan (1364-1431) nacque a Venezia nel 1364 da Tommaso di Benvenuto e da una figlia di Tommaso Mondini. Il suo cognome deriva dalle proprietà che la famiglia del padre possedeva nel territorio di Pizzano presso Bologna. Il padre aveva studiato medicina a Bologna, prima di insegnarvi l’astrologia (allora parte del curriculum medico). Poi si trasferì a Venezia, passando al servizio della Serenissima in qualità di consigliere e di astrologo. La sua fama valicò le alpi. Ricevette due inviti, uno dal re d’Ungheria Luigi I il Grande e l’altro dal re di Francia Carlo V. Tommaso optò per il re di Francia.

La Francia e la sua professione di scrittrice
Verso la fine del 1369, quando Cristina aveva cinque anni, Tommaso e la sua famiglia partì per Parigi dove furono presentati al re in dicembre. L’infanzia parigina di Cristina fu felice: Carlo V, il fondatore della libreria del Louvre, ricolmava suo padre di benefici, perché apprezzava i suoi consigli che lo portarono a stringere la pace con Venezia. Tommaso si preoccupò molto di offrire alla figlia Cristina, a dispetto del suo sesso, una cultura letteraria classica di cui lei saprà profittare in seguito.
Quando Cristina raggiunse l’età per prendere marito, a 15 anni, nel 1379 il padre la diede in sposa a un giovane gentiluomo piccardo, Étienne Castel, di 24 anni. Tutto cambiò con la morte di Carlo V sopraggiunta nel 1380. Tommaso rimase al servizio della corte, ma il suo credito cominciò a declinare e morì nel 1387. Étienne Castel divenne allora il capo della famiglia, ma per poco tempo: egli soccombette alla peste alla fine del 1390 lasciando la sua sposa e i figli in povertà.
Così, dopo dieci anni di matrimonio felice fu obbligata a prendere in mano le sorti della famiglia: i suoi due fratelli ritornarono in Italia nei possedimenti del padre, ma la madre, i suoi tre figli piccoli e una nipote restarono a suo carico. Per quasi quindici anni passò da un processo all’altro davanti alla Camera dei Conti di Parigi, dove la sua condizione di donna e di vedova la rendevano particolarmente vulnerabile di fronte alla disonestà e all’impertinenza dei suoi avversari che volevano appropriarsi dei beni del padre. Cristina fu costretta a darsi da fare. La necessità e le occasioni spinsero Cristina a fare i suoi primi tentativi letterari: per assicurarsi la protezione degli amici che conservava ancora a corte dai tempi della sua vita brillante. S’impegnò nella poesia lirica, illustrata prima di lei da Guillaume de Machaut, da Jean Froissart e soprattutto da colui che considerava il suo maestro, Eustache Deschamps.
Il suo primo scritto morale fu l’Epistre d’Othea a Hector, composta nel 1400. Si tratta di una serie di cento exempla in versi estratti dalla storia antica e dalla mitologia, in cui la lezione morale e religiosa è esposta in forma d’allegoria in prosa. Quest’opera ebbe un grande successo. In questa stessa epoca compose per suo figlio centotredici quartine di Enseignements moraux. La sua strategia si rivelò proficua, e la sua situazione materiale sembrò migliorare nel corso degli ultimi anni del secolo: il conte di Salisbury, Jean de Montaigu, prese al suo servizio uno dei suoi figli, Jean Castel di tredici anni, e lo condusse in Inghilterra nel 1397. Dopo la morte del conte e quella di Riccardo II, il re Enrico IV tentò senza successo di trattenere il ragazzo e di far venire la madre presso di sé. Cristina rifiutò le offerte di quel sovrano e sistemò il figlio nella casa del duca di Borgogna. Nello stesso tempo riuscì a sistemare la figlia nel priorato delle domenicane di Saint-Louis di Poissy, presso Parigi. Cristina stessa fu invitata a rientrare in Italia da Gian Galeazzo Visconti, che desiderava assumerla al suo servizio, ma rifiutò per attaccamento alla Francia.
Gli anni 1402-1407 furono per Cristina un periodo di produzione intensa che meraviglia per il numero e l’estensione delle sue composizioni in uno spazio di tempo così breve.
Il Livre du chemin de long estude, un poema di 6.392 versi, fu scritto tra la fine del 1402 e l’inizio del 1403. È il racconto di un sogno allegorico in cui si vede condotta dalla Sibilla Cumana presso alla fontana della sapienza, dove risiedono i filosofi, per iniziare poi un vero e proprio giro del mondo, da Costantinopoli alle colonne d’Ercole, prima di visitare la corte della Ragione nell’Empireo. Certi passaggi di questo testo si ispirano chiaramente alla Divina Commedia, che lei per prima ebbe il merito di aver rivelato ai Francesi.La fonte delle descrizioni geografiche è invece il Voyage di John Mandeville.
La produzione di Cristina s’interruppe durante gli anni fra il 1408 e il 1409, ma nel 1410 apparve il Livre desfais d’arme et de chevalerie, insieme trattato di strategia e manuale di diritto di guerra, ispirato da Vegezio, Valerio Massimo, da Frontino e Giovanni da Legnano.
Nella prefazione, Cristina spiega di aver pubblicato il manuale affinché potesse essere letto dai professionisti della guerra che non conoscevano bene il latino. Il libro, ancor oggi in stampa, si apre con una discussione sulla teoria della guerra giusta avanzata da Honoré Bonet.

Il suo celebre trattato sulla guerra
Il conte di Oxford, John de Vere, lesse il suo trattato, 54 anni dopo la sua morte e applicò i suoi consigli tattici durante la battaglia di Bosworth, combattuta il 22 agosto 1485 fra re Riccardo III, l’ultimo dei Plantageneti, contro l’usurpatore Enrico VII Tudor, aiutato dai francesi e da diversi fuoriusciti britannici, fra i quali c’era Oxford. Quel fatto d’arme segnò la fine della Guerra delle Due Rose.

Il duca di Norfolk, comandante delle forze di Riccardo III, lanciò il suo attacco contro all’esercito di Enrico VII, che era guidato da Oxford, utilizzando una strategia comune in quei tempi, dividendo le sue forze in un’ala sinistra, un’ala destra e un centro. Ma Oxford, seguendo lo scritto di Cristina de Pizan, tenne tutte le sue truppe, composte principalmente da soldati e cavalieri francesi, ammassate insieme e divisi in legioni come facevano i romani. Riccardo III, vedendo che la situazione stava volgendo al peggio dopo l’intervento di Lord Stanley, cercò coraggiosamente di radunare i suoi soldati e continuò il suo attacco mettendosi alla testa dei suoi e gridando: “Tradimento, tradimento, tradimento!” e non “Il mio regno per un cavallo!”, come scrisse Shakespeare nel suo celebre dramma. Cercò di uccidere Enrico ma riuscì solo a uccidere il suo portabandiera e una volta disarcionato, Riccardo III fu catturato, ucciso e il suo corpo fu oltraggiato in vari modi ed esposto appeso, alla vista di tutti. Il suo cadavere è riemerso una quindicina di anni fa da sotto a un parcheggio per auto e gli si è data degna sepoltura. Oxford, grato a Cristine de Pizan, nel 1489 ordinò di tradurre in inglese il suo libro e lo fece stampare da William Caxton.
