(Angelo Paratico) Una delle migliori biografie di Ernest Hemingway è stata scritta da Antony Burgess e s’intitola: Hemingway e il suo mondo. Un libro abrasivo ma essenziale.

Ernest Hemingway resta un personaggio difficile da collocare, fu un grande adoratore di donne ma non era fatto per limitarsi a una sola, anche perché le attirava, stimolando il loro istinto di protezione materna. Odiò sua madre e anche lui, come suo padre, morirà suicida. Alla fine, si trovò alcolizzato e spesso preda di attacchi psicotici. Negli anni precedenti aveva incontrato degli agenti del KGB e li aveva assicurati della sua collaborazione per il trionfo del comunismo; quindi, alla fine dei suoi giorni pensava di essere arrestato dalla CIA. Fu un grande affabulatore e un attento costruttore del suo stesso mito, celebre la sua boutade su Mata Hari: “Io ero solo un tenentino e lei se la faceva con ministri e generali, ma una notte me la sono fottuta per bene, anche se aveva i fianchi pesanti”. Peccato che Hemingway arrivò in Europa nel 1918 e Mata Hari era stata fucilata nel 1917. Ricorda un po’ il nostro Indro Montanelli che si aggirava fra i cadaveri di Mussolini e dei gerarchi appesi a Piazzale Loreto, quando in realtà stava comodamente in Svizzera.

La sua esperienza nella Prima guerra mondiale cominciò in Italia nel 1918 come autista di ambulanze sul Piave, venne ferito e portato in un ospedale militare a Schio (nel vecchio lanificio Ferrarin dove esiste una lapide che ricorda la sua degenza) e poi a Milano.
Ebbe quattro mogli ma l’ultimo suo amore nacque a Venezia dove arrivò nel 1948. In compagnia della moglie stava raccogliendo materiale per un nuovo romanzo che uscirà poi con il titolo “Di là dal fiume e fra gli alberi” e sia detto per inciso, una trasmissione della RAI porta oggi questo nome. Vi si racconta di un maturo ufficiale e di una giovane nobildonna che lo ama fra le calli e la laguna. Il vecchio ufficiale era lui, o come lui si vedeva, e la ragazza era Adriana, terza figlia del nobile Carlo Ivancich e di Dora Betti, appartenente a una famiglia veneziana di armatori di Lussinpiccolo nel Quarnaro.

Il fratello di Adriana, Gianfranco Ivancich fu un eroe della guerra d’Africa e poi della Resistenza, mentre il padre fu assassinato da banditi travestiti da partigiani. Adriana, nata nel 1930, fu mandata al collegio Brillantmont di Losanna per migliorare il suo francese. Aveva visto le atrocità della guerra, ma nel 1948 era una bellissima ragazza che frequentava la migliore società veneziana. La sua famiglia era proprietaria di un palazzo disegnato dal Sansovino in Calle del Rimedio, a Venezia, e di una grande villa a San Michele al Tagliamento, distrutta dai bombardamenti degli Alleati. Anche il Palazzo Ferro-Fini, che è sede del Consiglio regionale, apparteneva agli Ivancich.

Questi sono tutti luoghi che fanno da sfondo al romanzo di Ernest Hemingway, così come Adriana è la musa ispiratrice del libro e il modello per il personaggio di Renata. Il colonnello Cantwell e Renata, sono i personaggi principali, hanno gli stessi caratteri fisici e la stessa età di Adriana ed Ernest, nemmeno diciannove lei e quasi cinquant’anni lui. S’incontrano per la prima volta alle Quattro Strade di Latisana, nel dicembre del 1948. Quello è anche il luogo dove Hemingway fa aprire e chiudere la vicenda del romanzo. La casa di Adriana si trovava oltre il fiume, il Tagliamento e fra gli alberi. La relazione fra Adriana ed Ernest durò per sette anni, fino al 1955. Lei subiva le maldicenze scatenate dalla chiara identificazione di Adriana nella ragazza veneziana con un intermezzo erotico in gondola col colonnello che in realtà Ernest aveva vissuto con Merlene Dietrich non con lei. Ernest si pentì di averne parlato e proibì l’uscita del libro in Italia, dove uscirà infatti solo nel 1965, quattro anni dopo la sua morte.

L’incontro tra Ernest e Adriana illumina e segna le due vite. Ernest ritrova nell’amore per la ragazza la forza ispiratrice che si era inaridita. Adriana sboccia come donna e come poetessa accompagnando Ernest alla sua compiutezza come scrittore. Nell’ottobre 1950 Adriana Ivancich arriva con sua madre Dora alla Finca Vigía di Cuba dove restarono per quattro mesi. Ernest Hemingway portava la ragazza nel suo mondo, nelle gite sulla Pilar, a caccia, al Club de Cazadores del Cerro a Rancho Boyeros, al Floridita. A Cuba scriveva pagine su pagine dedicate al mare, ne uscì un grosso tomo e alla fine decise di non pubblicarlo, anche perché era noioso e a tratti banale. Decise però di staccarne alcune pagine da quel tomo e pubblicarle come una storia separata. Il titolo che volle dargli fu Il vecchio e il mare. Quello fu un libro che andò subito a ruba, che commosse il mondo e gli fece vincere il Premio Pulitzer nel 1953 e il Nobel nel 1954. Incoraggiata da Ernest, Adriana avviò un’attività di illustratrice: furono sue le copertine delle prime edizioni americane di entrambi i libri.

Copertina disegnata da Adriana Ivancich
La giovane Adriana vedeva nel maturo scrittore una sorta di ammiratore paterno, flirtava con lui e si lasciava corteggiare volentieri, ma anche da altri non solo da lui. Nonostante tutto il suo entusiasmo per Adriana, Ernest Hemingway non si rendeva conto che quella scappatella, sotto agli occhi di sua moglie Mary, nell’autunno della sua vita lo esponeva sempre più al ridicolo. Adriana tornò in Italia e continuò con la sua vita, sempre assediata dal sospetto e dall’invidia. Si sposò con il conte tedesco Rudolf von Rex, avendone due figli, e nel 1980 pubblicò un suo volume di memorie, La Torre Bianca un coraggioso tentativo di far luce sul vero rapporto che l’aveva legata a Hemingway.

Così come la vita di Ernest ebbe un epilogo tragico, anche il percorso di Adriana non ebbe un esito felice. Il 24 marzo 1983 Adriana s’impiccò a un albero nella sua tenuta in località Giardino, tra Capalbio e Ansedonia, aveva 53 anni. Adriana von Rex Ivancich Biaggini oggi riposa nel cimitero di Porto Ercole al Monte Argentario, nel campo riservato agli stranieri.
