(di Gianni Schicchi) Un Mozart tirato a lucido nel quinto concerto della XXVII stagione de I Virtuosi Italiani al Teatro Ristori. Merito sicuro di un programma molto allettante che riservava due piatti forti del compositore, come il Concerto per pianoforte e orchestra n. 21 in do maggiore K 467 e l’ultima Sinfonia, la numero 41 Jupiter in do maggiore K 551.

Ma merito anche all’orchestra veronese nel proporlo – compagine sempre in grado di produrre risultati intensi dal punto di vista emozionale – e pure artefice di una scelta felicissima nell’affidarlo alla coppia Pier Carlo Orizio, come direttore e Alessandro Taverna come solista al pianoforte.

PHOTO 2025 11 14 11 06 10

Ad un mese di distanza dal grandioso e patetico Concerto K 466, Mozart tornava a far parlare di sé col suo nuovo Concerto, il K 467 datato 9 marzo 1785 ed eseguito da lui stesso tre giorni dopo, con cui si rifaceva allo stile brillante consueto dei suoi concerti viennesi. 

Alessandro Taverna si è brillantemente ripresentato al Ristori interpretando così con uno tra i più noti e apprezzati concerti della letteratura musicale. Una esecuzione caratterizzata da temi limpidi, ma di grande effetto espressivo, mostrando un suono dalla bellissima doratura che si è bene amalgamato con le sonorità calde del complesso orchestrale, rispondendo dolcemente alla variegatura di colori della lettura di Orizio. 

Un pianismo tendente in realtà a sottolineare con grande fantasia di ornamentazioni e poetica intensità di fraseggio un’espressività di segno preromantico. A dimostrarlo basterebbe citare la resa davvero toccante della bellissima Romanza centrale in si bemolle maggiore, uno dei temi più celebrati di Mozart, suonato ad un tempo assai lento, in grado di esaltarne tutto il lirismo malinconico. Insistenti gli applausi con cui il Ristori ha accolto la sua performance e il seguente immancabile bis: uno scintillante e velocissimo valzer di Chopin.

Nella seconda parte della serata, pregevole è stata anche l’esecuzione della Sinfonia Jupiter – completata da Mozart tre anni dopo il concerto numero 21 – cui l’impresario Salomon affidò il nome di Giove per sottolinearne il carattere grandioso e trionfante.  Pier Carlo Orizio si è destreggiato da par suo nel conciliarne una fresca vivacità con una opulenza timbrica, allo stesso tempo maestosa e trasparente nei dettagli, valorizzata dalla magica acustica del Ristori. 

Pur sposando la causa delle esecuzioni storicamente informate, nella ricerca di timbri e fraseggi credibilmente associabili alla prassi settecentesca, Orizio ha mostrato di non volere rinunciare al tono di trionfante e pomposa luminosità impresso alla sinfonia. Ha evitato per esempio, le sfrenate precipitazioni e i contrasti taglienti dei filologi estremisti nello sbalzo compatto e imperioso del primo tempo, come nella morbidezza di un Andante cantabile più lento del consueto, nella grazia del Minuetto e perfino nello slancio contenuto del Molto Allegro finale che così ha avuto modo di mostrare nei dettagli la prodigiosa e ardita complessità di scrittura nel combinare i riferimenti alla forma Sonata e alla fuga, 

In sintesi un bellissimo concerto, molto apprezzato e applaudito dal pubblico, che ha confermato l’eccellenza de I Virtuosi Italiani – il cui organico è stato nell’occasione rinforzato da dieci fiati e percussioni – e la bravura di Orizio, ricordato pure a Verona come validissimo preparatore per anni dell’Orchestra del nostro Conservatorio.