(di Gianni Schicchi) Come d’abitudine la Stagione Ceciliana si conclude con un grande concerto nel giorno (22 novembre) attribuito alla Santa protettrice della musica. La stagione 2025 si è svolta nel 25° dalla fondazione, dedicato espressamente alla giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Un anniversario festeggiato nella basilica di San Zeno, con l’esecuzione della Nona Sinfonia “Corale” in re minore op. 125 di Beethoven. Vi hanno partecipato: l’Orchestra Sinfonica, l’Orchestra Giovanile e il Coro de I Musici di Santa Cecilia, affiancato dal Coro San Filippo Neri di Verona, diretti dal maestro Dorino Signorini. 

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L’impatto emotivo del capolavoro beethoveniano con la sua celeberrima Ode alla Gioia nella parte conclusiva, è innegabile. La potenza espressiva e la capacità di toccare le corde più profonde dell’animo umano, la rendono poi una esperienza indimenticabile.

“Nel nostro concerto – hanno scritto i Musici – desideriamo trasmettere al pubblico tutta l’intensità e la bellezza di quest’opera, creando un’atmosfera coinvolgente e suggestiva. L’esecuzione della Nona Sinfonia, affidata a musicisti di grande esperienza e a giovani promesse, offrirà un’interpretazione ricca di sfumature, capace di catturare l’essenza di questa straordinaria partitura. Per i giovani musicisti, questa sarà un’occasione unica per crescere professionalmente e confrontarsi con un capolavoro assoluto, mentre il pubblico potrà apprezzare la freschezza e la vitalità di questa nuova generazione di artisti, che contribuirà a fra vibrare sonorità coinvolgenti”. 

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L’Ode alla Gioia, col suo testo di Friedrich Schiller, trasforma la Nona Sinfonia in un inno all’umanità. Il messaggio di fratellanza e di speranza che vi è contenuto, ha reso la Sinfonia un’icona universale. La sua capacità di unire persone di diverse culture e provenienze è una eredità inestimabile: continua infatti ad ispirare generazioni. Il concerto a San Zeno è nato con questo intento nel sottolinearne l’aspetto universale del brano, creando un’atmosfera che possa favorire la condivisione e la riflessione.

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Dorino Signorini continua a proporre da 25 anni – con pochi mezzi a disposizione, ma moltissimo volontariato – grandi pagine sinfonico corali. Nell’esecuzione di San Zeno, come approccio interpretativo generale, il dettato della partitura è stato realizzato con grande attenzione alla chiarezza ed alla trasparenza dell’ordito strumentale. Sia chiaro: Signorini non è un filologo, per cui nella sua direzione si sono trovate tutte quelle modifiche di tradizione all’orchestrazione originale beethoveniana. Però contrariamente alla tradizione, ha eseguito in compenso quasi tutti ritornelli (meno due del primo tema), anche quelli meno consueti come nel secondo dello Scherzo. Il passo dell’esecuzione è stato deciso, robusto in molti tratti, forse un po’ carente di estroversione espressiva, ma dove i tempi metronomici – non affrontati in modo pedante – sono stati giusti, sempre brillanti e mai esagitati.

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Nella Nona Sinfonia non si tratta poi di scegliere dei superstar per il quartetto dei solisti – nel caso erano il soprano Annalisa Massarotto, il mezzosoprano Syuzanna Hakonboyan, il tenore Massimo Cagnin e il baritono Nico Mamone – ma un ensemble che riesca a integrarsi perfettamente con la compagine orchestrale (come è stato realmente) in una pagina celeberrima impostasi per la sconvolgente rottura degli schemi evitando ogni enfatizzazione. 

Ma è proprio l’enfasi sul genio corrucciato che Signorini ha evitato con saggezza, partendo dal suo ruolo di direttore che non è quello tradizionale del demiurgo. Il maestro ha gesticolato quanto basta, ma ha lavorato molto dietro le quinte, attraverso un vero e proprio singolare percorso di studio, in cui doveva essere l’orchestra ad essere la protagonista, dominando articolazioni ritmiche ed escursioni dinamiche di grande flessibilità. Fra gli oltre cinquanta esecutori, vanno messo in risalto i fiati, con i corni in primo piano e tutti gli strumentini. Con il discreto coro (proveniente da due compagini, bravissime le voci femminili) preparato da Iris Composta, ci è parso che le intenzioni dell’esecuzione non siano mai state routinarie, ma con un’idea precisa che ha guidato la metrica ed il ruolo del ritmo, il peso del timbro, i rapporti tra singoli e sezioni e il legato.

Vivo il successo (scontato peraltro) della serata con basilica inferiore esaurita dove più di duecento persone non hanno potuto assistervi.