Negli Stati Uniti è stato registrato il primo caso umano di morte da influenza aviaria da virus H5N5, un ceppo che finora non aveva mai infettato l’uomo. Si tratta di un raro salto di specie dagli uccelli all’uomo, un evento che richiede un attento monitoraggio ma che, secondo gli esperti, non modifica il livello generale di allerta.

Ricoverato dall’inizio di novembre dopo aver sviluppato febbre alta, confusione e difficoltà respiratorie, l’uomo possedeva un pollaio domestico esposto a uccelli selvatici. Le autorità sanitarie hanno confermato che il contagio deriva da contatto diretto con pollame infetto.

Nessuna trasmissione interumana

Secondo il Centro statunitense per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC), il rischio per la popolazione generale resta basso. Rimane però fondamentale mantenere alta l’attenzione e monitorare l’evoluzione epidemiologica per intercettare eventuali cambiamenti.

Come ricorda lIstituto Superiore di Sanità, l’influenza aviaria è una malattia virale che colpisce soprattutto gli uccelli, in particolare quelli selvatici, che fungono da serbatoio naturale e principale veicolo di diffusione. Il contagio sporadico nell’uomo può avvenire attraverso il contatto diretto con animali infetti.

I virus aviari possiedono un’elevata capacità di mutazione e, negli ultimi anni, alcuni ceppi hanno mostrato la possibilità di trasmettersi anche a diversi mammiferi, inclusi bovini e animali da compagnia come i gatti.

I casi umani, quando si verificano, possono andare dall’assenza di sintomi a forme lievi, fino a quadri severi e potenzialmente letali. Al momento non ci sono conferme di trasmissione sostenuta da uomo a uomo per nessun ceppo aviario.

Gli esperti concordano: massima attenzione, monitoraggio costante, ma nessun allarme.