La necessità di una normativa nazionale ed europea
Pc, tablet, smartphone vengono usati soprattutto dai giovani per ‘giocare’. Nel 2023 i videogiochi hanno generato ricavi per circa 223 miliardi di dollari nel mondo. Di questi circa 125 miliardi arrivano da microtransazioni e oggetti acquistati all’interno dei giochi. E già questo fa capire come sia difficile intervenire in questo settore date le dimensioni del business.
Alcuni governi hanno provato a prendere dei provvedimenti, ma in Europa con le leggi vigenti è difficile distinguere tra videogioco e gioco d’azzardo. Qualcosa ha fatto la Danimarca mettendo al bando diversi siti. Francia e Olanda stanno valutando norme più severe. In Belgio le ‘loot box‘ acquistabili con soldi veri sono state equiparate al gioco d’azzardo e vietate.
In Italia il tema non è mai entrato davvero nell’agenda politica.

Divertirsi con gli occhi fissi su uno schermo luminoso, piccolo o grande che sia, peggio ancora se piccolo, non è certo una pratica naturale e tantomeno salutare. Specie per i ragazzi, che invece dovrebbero divertirsi all’aria aperta e socializzare con i coetanei. Ma la pericolosità dei videogame è anche sociale. Producono isolamento e, secondo alcuni, anche se non ci sono prove scientifiche, possono indurre anche a comportamenti violenti. E’ invece provato che l’utilizzo delle meccaniche dell’azzardo per giocare, spesso fanno scivolare, soprattutto i più giovani, nella ludopatia attraverso l’abitudine al rischio e alla puntata.
Ricompense a caso: il cuore del problema
Alcuni videogame richiamano esplicitamente il gioco d’azzardo. Su Roblox è facile trovare ‘ruote della fortuna’ e lotterie virtuali. Nelle meccaniche Gacha, invece, utilizzate nei giochi per smartphone, il giocatore spende una valuta virtuale, ottenibile con soldi veri, per partecipare a estrazioni casuali. Giochi come il cinese Genshin Impact si basano su questo sistema che produce grandi guadagni.
Il meccanismo psicologico è simile a quello del ‘gratta e vinci’: il premio è raro, l’estrazione è veloce. In più ci sono le luci e i suoni esaltano la vittoria, studiati per influire sulle reazioni neuro-ormonali del cervello. E una piccola parte di giocatori finisce per spendere cifre enormi inseguendo la “prossima” ricompensa.

Questa logica è arrivata anche nei giochi a pagamento più popolari che hanno introdotto le loot box, “scatole premio” dal contenuto sconosciuto fino all’apertura. Le aziende sottolineano spesso che non sono indispensabili per giocare. Ma in un contesto in cui milioni di persone le acquistano, rinunciarvi significa accettare un’esperienza più limitata.
Loot box e gioco d’azzardo
Le ricerche hanno mostrato un dato costante: chi spende di più in loot box tende anche a giocare d’azzardo. Ma sono le loot box a spingere verso il gioco d’azzardo o chi è già incline al rischio è semplicemente più attratto da quelle dinamiche?
Un recente studio belga, pubblicato su International Gambling Studies, ha provato a sciogliere il nodo seguendo lo stesso gruppo di adolescenti per un anno. Risultato: chi dichiarava di giocare spesso con loot box aveva, 12 mesi dopo, una probabilità più alta di avvicinarsi a gratta e vinci o casinò. Fatto che depone per un possibile legame causale.
Il business parallelo delle “skin”
Intorno a queste dinamiche è nato anche un mercato clandestino: lo skins gambling –le skin sono oggetti virtuali ottenuti nei giochi o tramite loot box che possono essere scambiati e acquisire un valore economico reale. Online sono nati siti che permettono di scommettere denaro per vincere skin rare. Spesso senza licenze, quasi mai con controlli sull’età. Alcune armi virtuali sono state vendute persino per decine di migliaia di euro.
