(Attilio Zorzi) I dati più recenti dell’Osservatorio INPS sulle pensioni 2024–2025 restituiscono l’immagine di un sistema previdenziale imponente ma fragile, sempre più schiacciato da dinamiche demografiche ed economiche sfavorevoli. 

Al 1° gennaio 2025 le pensioni vigenti in Italia sono 17.986.149, per una spesa complessiva annua di 253,9 miliardi di euro. Di queste, il 76,1% è di natura previdenziale mentre il 23,9% assistenziale.

La spesa pensionistica italiana pesa per circa il 16% del PIL, un livello simile ma leggermente superiore a quello della Francia che si attesta intorno al 14,5% ma nettamente superiore a quello della Germania, ferma al 10,6%. Un divario di oltre 5 punti di PIL che colloca l’Italia tra i Paesi avanzati con la maggiore incidenza della spesa previdenziale sull’economia, con quindi rischi per la tenuta del sistema stesso dato l’invecchiamento della popolazione
Eppure, a questa spesa elevata non corrispondono pensioni mediamente elevate: oltre il 53,5% delle prestazioni è inferiore a 750 euro mensili, e circa 4,1 milioni di pensioni beneficiano di integrazioni legate a bassi redditi. Una contraddizione che rivela come il sistema pensionistico italiano svolga sempre più una funzione di ammortizzatore sociale, supplendo alle carenze del welfare e del mercato del lavoro.

Secondo l’OCSE, l’invecchiamento demografico rappresenta una sfida con profonde conseguenze economiche, fiscali e sociali, soprattutto nei Paesi Occidentali con economie mature, come l’Italia, caratterizzati da una crescita debole e da un mercato del lavoro fragile.
Il problema italiano è aggravato dal fatto che l’invecchiamento procede più velocemente rispetto ad altri Paesi avanzati. Secondo il CNEL, nei prossimi 10 anni la popolazione in età lavorativa (15–74 anni) diminuirà di circa 3 milioni di persone, mentre entro il 2050 il Paese perderà oltre 8 milioni di lavoratori.

anziani



La quota di popolazione over 65 passerà dal 25% attuale al 34% entro il 2050.
In sostanza, l’Italia passerà da un quarto a un terzo di popolazione anziana, segno di grande difficoltà all’interno del nostro Paese. Parallelamente, la spesa pubblica complessiva per pensioni, sanità e long-term care è destinata ad aumentare di circa 2 punti percentuali di PIL, dal 23% al 25%.


Per garantire la sostenibilità dei sistemi previdenziali e promuovere la crescita, l’OCSE indica due strade principali: innalzare l’età pensionabile effettiva e ampliare le opportunità di lavoro per i lavoratori più anziani, cercando al contempo di incentivare le nascite
Tuttavia il problema del crollo della natalità non è semplice da risolvere, sia perché è l’effetto di decenni di smantellamento dello Stato sociale e di politiche individualiste e post storiche, sia perché comunque anche politiche pronataliste, pur necessarie, non possono risolvere la crisi nel breve  periodo. Infatti, anche se le nascite aumentassero oggi, i benefici sul mercato del lavoro si vedrebbero solo tra vent’anni.

Nel frattempo, invece, l’Italia potrebbe agire su un potenziale ancora inutilizzato: i bassi tassi di occupazione di giovani under 35 e delle donne. Ma per farlo servirebbero investimenti in settori dove il Paese spende poco, ossia conciliazione tra lavoro e famiglia, servizi per l’infanzia, politiche scolastiche e formative contro l’abbandono precoce e politiche del lavoro per l’invecchiamento attivo
In sostanza si tratta di una nuova agenda di welfare, che dovrebbe essere ridisegnato nel medio termine, perché altrimenti é difficile garantire la sostenibilità. 

Il risultato di questa situazione è un sistema iniquo, che chiede agli anziani di lavorare più a lungo, ai giovani di aspettare o emigrare, e allo Stato di spendere sempre di più senza costruire basi solide per il futuro.
La crisi delle pensioni, in Italia, non è solo un problema previdenziale: è la spia di una crisi di modello economico e sociale che continua a rinviare le scelte strutturali, scaricandone il costo sulle generazioni future, motivo per cui bisogna agire adesso e con i fatti, non con le parole.