Cangrande simbolo di Verona. Una proposta e un appello

(di Maurizio Brunelli) Sono uno storico medievista per passione e mi occupo di Cangrande I della Scala da oltre un trentennio. Ma il mio primo incontro con lo Scaligero è ancora più lontano nel tempo e risale ai tempi della tesi di laurea. Ricordo che alla domanda del Relatore, il professor Fulvio Zuliani, storico dell’Arte medievale, Università di Padova, se avessi degli argomenti in particolare da proporgli dissi senza esitare: “qualcosa su Cangrande della Scala …” e, sia per non sembrare un tantino insolente sia per non rischiare di trovarmi a lavorare su un argomento imposto e magari non gradito (avevo da poco letto la splendida opera Il Medioevo fantastico di Jurgis Baltrusaitis), di seguito aggiunsi:  “oppure qualcosa sul Medioevo insolito, grottesco, fantastico …” Preferì la prima proposta e il titolo che mi assegnò fu: La cultura figurativa a Verona tra il 1300 e il 1329: i problemi urbanistici e la committenza scaligera

Cangrande. Una proposta e un appello

Da quel momento iniziò per me un lento ma inarrestabile processo di innamoramento del personaggio. Probabilmente ciò che accadde al giovane storico tedesco Hans Spangenberg alla fine dell’Ottocento. Proprio come me aveva dovuto chiedere al suo relatore, il prof. Paul Scheffer Boichorst, l’argomento della sua tesi. Lui però non pare abbia avuto la mia fortuna e se lo vide assegnare: Cangrande I della Scala. La cosa non ci deve meravigliare. L’interesse per la nostra letteratura e segnatamente  per Dante, il nostro Umanesimo e Rinascimento era già assai sviluppato da tempo in Germania. E così uno storico e filologo berlinese che si era appassionato alla vita di Dante e al nostro Medioevo pensò bene di approfondire la conoscenza di un personaggio come Cangrande, che aveva avuto il merito di ospitare il sommo Poeta. Il giovane Spangenberg si trovò così ad occuparsi del “pressoché sconosciuto” signore di Verona, a provare a spiegare la scelta dell’Alighieri e a ricostruire il percorso umano e politico dello Scaligero. 

Cangrande. Una proposta e un appello

Pubblicò la sua tesi Cangrande I della Scala, che risulta ancor oggi la biografia più completa sul principe veronese. La critica fu sostanzialmente  benevola con il giovane autore ma per quel certo suo cedere al fascino del personaggio lo definì “un biografo amoroso”.  Quest’opera che uscì nel 1895 in tedesco e che ancora, quasi un secolo dopo, nel 1988, in occasione della mostra sugli Scaligeri, veniva definita dal Comitato scientifico “pregevolissimo e tuttora insostituito Cangande di Hans Spangenberg” dovette però attendere il 1992 per vederne la traduzione italiana (e – scusate un pizzico di autocelebrazione – grazie a me) a cura della Provincia di Verona (presidente prof. Alberto Fenzi).  Il problema è che a distanza di trent’anni e nonostante qualche lodevole iniziativa come la mostra su Le stoffe di Cangrande del 1983, quella su Gli Scaligeri del 1988 e quella del 2004 Cangrande della Scala. La morte e il corredo di un principe nel medioevo europeo (quest’ultima, per la verità, incentrata sull’esame anatomopatologico per accertarne la possibile causa di morte e sulla qualità e possibile provenienza dei tessuti del suo corredo funerario) lo Scaligero rimane ancor oggi un personaggio pressoché sconosciuto fuori Verona. 

Cangrande. Una proposta e un appello

Forse un approccio troppo specialistico e sostanzialmente limitato al mondo accademico, vincolato cioè dal concetto di sacralità del documento (e di documenti, o almeno di quelli ritenuti tali, purtroppo ne sono rimasti molto pochi), ha finito per confinare Cangrande in un ambito localistico. Le recenti celebrazioni dantesche l’hanno confermato: Verona ha avuto un ruolo assolutamente marginale rispetto a Firenze e Ravenna. E così, benché il suo nome nel Veronese continui ad essere usato – sarebbe meglio dire abusato – per intitolare le più disparate attività commerciali od iniziative, la sua reale conoscenza è piuttosto scarsa. Quel che manca è la consapevolezza e l’orgoglio di essere gli eredi della sua grandezza. Il mio vuol essere un contributo di carattere storico ad un progetto di valorizzazione dell’immagine di Cangrande della Scala. Un contributo che parte da una diversa lettura del suo percorso umano e politico, che ne privilegi l’aspetto psicologico, l’influenza famigliare e quella della società del tempo. 

Ma, soprattutto, che lo inquadri nel contesto socio-culturale di quel primo Trecento, ne analizzi azioni e scelte come conseguenza del pensiero che informava quelle menti, talché il nostro giudizio sia scevro da preconcetti e non condizionato dal guardare quel lontano passato con gli occhi rivolti al presente. Rievocare il mito di Cangrande significherebbe, innanzitutto, creare  un simbolo del riscatto di Verona dalla marginalizzazione che subisce ormai da troppi anni nella nostra Regione, politicamente e culturalmente, da parte del polo Venezia-Padova-Treviso. E proprio in questi giorni si è ripresa l’idea di fare di Verona una città metropolitana. Una premessa a quella ancor più ambiziosa e politicamente rilevante di farne il capoluogo della Regione del Garda. Significativo e ben augurante è il fatto che entrambe le proposte vedrebbero d’accordo gli opposti schieramenti politici. 

Cangrande come prodotto culturale

Secondariamente il personaggio Cangrande, opportunamente studiato e presentato, fornirebbe l’opportunità di realizzare un nuovo “prodotto culturale” per il turismo nazionale e straniero; e ciò per le implicazioni storiche che i suoi legami famigliari e la sua azione politica hanno prodotto. Potrebbe inoltre essere il portabandiera di numerosi progetti, alcuni già esistenti ma fermi ed altri nuovi, anche di respiro nazionale ed internazionale (che da anni cerco vanamente di suggerire ai nostri amministratori) che andrebbero ad arricchire l’offerta  culturale.

Cangrande simbolo di Verona

Non esiste un personaggio che possa rappresentare meglio la nostra città. Egli ha scritto la pagina più esaltante della nostra storia ed ancora oggi se fuori Verona veniamo chiamati scaligeri, se molti dei nostri enti pubblici e privati nella loro ragione sociale portano l’appellativo scaligero o lo stemma della scala lo dobbiamo solo a Cangrande. Purtroppo però il rapporto dei veronesi, e segnatamente delle nostre istituzioni, con lo Scaligero è assai discutibile. Non si è mai pensato per esempio di creare un marchio e di valorizzare la sua figura così come invece è stato fatto per Giulietta e Romeo. Eppure lui è stato un personaggio storico mentre gli altri sono sostanzialmente frutto di una leggenda. 

Cangrande simbolo di Verona

Concludo con un appello rivolto ad illuminati imprenditori, saggi amministratori, enti pubblici e privati, volonterosi cittadini: mi piacerebbe interpretare il ruolo che fu del prof. Antonio Avena. Lui fu il geniale inventore del mito dei due amanti, io vorrei organizzare questo progetto di conoscenza e valorizzazione di Cangrande. E Dante dovrebbe avere nei confronti di Cangrande la stessa funzione che Shakespeare ebbe per Romeo e Giulietta. 

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