Domande di reddito di cittadinanza: meno 65%. Lollobrigida: che vadano a lavorare nei campi, non sul divano!

“Nelle campagne c’è bisogno di manodopera e i giovani italiani devono sapere che non è svilente andare a lavorare in agricoltura. Anzi, quello che non è un modello di civiltà è non andare a lavorare, stare sul divano e gravare sulle spalle altrui col reddito di cittadinanza”.

Lo ha detto senza mezzi termini il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida al Vinitaly, rispondendo a delle domande sulla mancanza di manodopera in agricoltura. “Sui flussi – ha aggiunto – c’è la volontà di organizzarli seriamente, contrastando l’immigrazione illegale, e facendo formazione nei Paesi di provenienza dei migranti”.
La linea del governo è chiarissima, anche se portata avanti con gradualità. Via il reddito di cittadinanza. E im primi effetti già si vedono.
Crollano le domande per il reddito e la pensione di cittadinanza: il 65% in meno. La cifra parla da sola. Non ha bisogno di commenti. Lo ha comunicato l’Inps riferito ai primi due mesi del 2023. Evidente l’effetto della decisione del governo di fermare un provvedimento che, così per com’era stato disegnato, faceva pendere la bilancia verso l’assistenzialismo.
Una scelta criticata e messa in discussione da subito dal governo Meloni, e ancor prima annunciata in campagna elettorale. Le richieste sono passate dalle 261.378 del 2022 alle poco più di 90 mila del 2023. Di queste, solo 88 milo erano state presentate a gennaio. A febbraio 2023, dunque, le richieste sono quasi azzerate.
Ad incidere c’è soprattutto l’effetto dissuasione creato dalla scelta del governo. Nonostante il governo abbia stabilito in gennaio 2024 la data di termine del provvedimento, in molti hanno evidentemente deciso di iniziare a guardare altrove.
Contemporaneamente, com’era prevedibile, si verifica l’aumento delle assunzioni e una ripresa del mercato del lavoro. Secondo Banca d’Italia, ministero del Lavoro e Anpal, l’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavor, tra gennaio e febbraio sono stati creati oltre 100mila posti di lavoro al netto delle cessazioni. Un incremento superiore al doppio di quello del bimestre precedente. Questi sono numeri, non impressioni e spiegano bene quello che il governo Meloni ha iniziato a fare, con provvedimenti inequivocabili per gli sgravi fiscali. Il cambio di passo sulla politica del lavoro rispetto ai governi precedenti è evidente.
Certo che in sei mesi non si possono fare miracoli. Nel 2022, secondo Eurostat, l’occupazione è cresciuta in modo consistente con un tasso tra i 15 e i 64 anni che è passato dal 58,2% al 60,1%. Ma siamo ancora lontani dalla media europea che è al 69,9%.
L’Italia è all’ultimo posto per tasso di occupazione, sorpassata perfino dalla Grecia che ha raggiunto quota 60,7%. Siamo ultimi sia per le femmine, con il 51,1% a quasi 14 punti di distanza dalla media Ue (65%) sia per i maschi con il 69,2%.

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