(Di Stefano Cucco) Fino al 23 giugno alla galleria FIAF di palazzo Pincini Carlotti a Garda è aperta al pubblico la mostra “Private Portraits” di Joe Oppedisano. Questo artista è nato a Gioiosa Ionica (Reggio Calabria nel 1954. Trasferito con la famiglia a New York a soli sette anni, ha cominciato a fotografare da piccolo e non ha più smesso, riuscendo a creare la sua personalissima formula d’arte alla quale contravviene continuamente per liberarsene. Nel 1979 l’Internazional Center of Photography di New York lo invita a partecipare ad una grande manifestazione a Venezia. Pochi anni dopo la nostalgia per l’Europa lo vince e si trasferisce a Milano. In Italia firma campagne pubblicitarie per marchi di portata internazionale. Realizza con una sorprendente inventiva, scorrazzando con grande e felice libertà all’’nterno del vastissimo territorio della fotografia, nel cimentarsi in un’impresa impossibile (fare del cinema all’interno di un’immagine statica) coniuga la fantasia del Sud mediterraneo, dove è nato, con il pragmatismo dell’Occidente Americano dove si è formato. Il suo curriculum artistico, inaugurato da una mostra all’Atlantic Savings Bank di New York nel 1978, conta una cinquantina di mostre personale, New York, Milano, Torino, Arles, Parigi, Tokyo, Svizzera, e una settantina di mostre collettive in Italia, Stati Uniti, Germania, Spagna, Gran Bretagna, fino alla Biennale di Venezia dov’è invitato nel 1995 dal Museo Alinari di Firenze a partecipare alla mostra “Un secolo di ritratti in Italia 1895-1995”. Nel 2005 è invitato a partecipare alla grande collettiva “60 Maestri Fotografi” al Museo Peggy Guggenheim di Venezia. Dal 2007 al 2010 è invitato a tenere un corso di specializzazione all’Accademia di Belle Arte di Brera Milano. Dal 2010 al 2018 è stato invitato a tenere un corso di specializzazione all’ISIA di Urbino. Nel 2019 ha tenuto un corso di specializzazione all’Accademia Ligustica di Genova. Vive tra New York e l’ Italia. “La mia è una fotografia prolungata”, spiega Joe Oppedisano, “un collage che prolunga il tempo. Per me è affascinante non dover fare i conti con l’unicità della foto, preferisco affidarmi ad una sequenza, quasi una panoramica, cioè un formato dove l’obbiettivo è mobile. Questo po’ avvenire perché possiedo una macchina, unica al mondo, che ho personalmente modificato per ottenere questo effetto di sequenza panoramica. Non esiste sul mercato una machina in grado di fare queste foto, con essa potrei modificare a ogni scatto la visione e il suo punto di vista, cose che la panoramica non ti dà, perché si limita alla visione e non esplicita il tempo intorno ad essa. Il problema, inoltre, non è quello di cercare la perfezione della l’immagine, preferisco, infatti, fare le foto a mano, e muovere la macchina secondo esigenze. Un po’ la rivisita al Futurismo”.