La sconfitta in Sardegna. Un pericoloso dejàvu per la Meloni

(di Gianni De Paoli) La sconfitta del candidato del centrodestra in Sardegna non mette in discussione l’attuale assetto politico che vede il centrodestra largamente maggioritario in tutto il paese. Ma è un segnale preoccupante, perché non è un caso isolato. Non è la prima volta che il centrodestra sbaglia i candidati e perde importanti città dove invece è maggioranza politica. Ciò è avvenuto a Padova, a Roma, a Verona e a Vicenza. Denota scarsa capacità nell’interpretare gli umori del territorio.

Dalla sconfitta una riflessione

Ciò vale per tutta la coalizione, ma soprattutto per FdI, che del centrodestra è il partito guida, che in Sardegna è passato dal 23% delle politiche di un’anno e mezzo fa al 13%. Uno scivolone del 10%.

Anche alle ultime comunali s’è evidenziata una grande differenza in negativo fra il voto politico, dove gioca un ruolo fondamentale l’immagine della Meloni, e quello amministrativo, dove invece conta la credibilità dei candidati e la presenza del partito in quel determinato paese, in quella città o in quella regione. 

La sconfitta in Sardegna. Un pericoloso dejàvu per la Meloni

Raccogliere voti a piene mani alle politiche e sbagliare i candidati e perdere voti alle amministrative non è un caso. Un motivo c’è. Come spiegazione non vale solo il fatto che il partito ha puntato tutto sull’immagine della sua leader. Brava finché si vuole, ma che, presa da tali e tanti impegni nazionali e internazionali, non può essere presente dappertutto e interessarsi di tutto. C’è quindi un problema strutturale. FdI ‘tira’ come partito d’opinione e come immagine della Meloni, ma perde colpi sul territorio.

Perché?

La risposta è elementare. FdI non ha una struttura territoriale radicata. Ciò lo si deve sicuramente alla sua crescita velocissima, che per certi versi non ha consentito di impiantare un’organizzazione capillare, come quella di cui gode il Pd, retaggio della storica organizzazione del Partito Comunista, o la Lega, movimento eminentemente legato al territorio. 

Ma è anche e soprattutto conseguenza della scelta politica dei vertici di gestire il partito in maniera totalmente centralizzata. Tutto viene portato a Roma. Tutto viene deciso a Roma. E se questo porta dei vantaggi in termini di snellezza della catena di comando, ha due conseguenze pesanti. La prima, la mancanza di una conoscenza delle realtà locali, delle loro problematiche e dell’immagine che hanno i rappresentanti di FdI tra la gente. La seconda, lo scollamento con la base, che è legata al partito dalla fiducia nella Meloni piuttosto che da una partecipazione ben strutturata che consenta una continua osmosi di informazioni e di persone fra base e vertice. 

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