Molière va in scena al Salieri con Il malato immaginario. Nel dopo Covid è un capolavoro comico ma anche amaro

Domani, sabato 17 dicembre alle 20:45 al Teatro Salieri di Legnago, primo appuntamento della stagione “RallegrArti” con la prosa. Un incontro imperdibile con l’umorismo, a tratti attualissimo, in uno dei testi teatrali più belli di tutti i tempi, “Il malato immaginario”. La comicità sulla quale ruota il capolavoro di Molière viene esaltata dall’interpretazione di Emilio Solfrizzi e dall’esplosione di vita che si genera intorno al protagonista Argante, in una continua fuga animata da situazioni esilaranti.

Due ore di spettacolo per un capolavoro che rappresenta al meglio la funzione del teatro come strumento per dissimulare la realtà. Il protagonista Argante è un ipocondriaco tremendamente solo, eternamente disperato, che non vuole saperne di stare bene. Opera attualissima se messa in parallelo con il periodo pandemico che ha creato tanti Argante, persone spaventate e in fuga dalla socialità, che hanno rinunciato a frequentare luoghi di aggregazione per paura di contrarre la malattia. Il malato immaginario, infatti, ha più paura di vivere che di morire, e il suo rifugiarsi nella malattia non è nient’altro che una fuga dalle prove che l’esistenza mette davanti.

Emilio Solfrizzi nei panni di Argante al centro del cast de “Il malato immaginario” di Molière

Molière, con geniale intuizione, anticipa modalità drammaturgiche che vedranno la luce solo nel Novecento. Si ride, tanto, e come sempre l’uomo ride del dramma altrui. Lo spettacolo è ambientato nella casa di Argante, uomo di mezza età, ipocondriaco e convinto di essere molto malato. Proprio per questo vuole dare in sposa una delle sue figlie, Angelica, a Tommaso, nipote del dottor Purgone che lo ha in cura ed è anch’egli medico. Il suo unico scopo è quello di avere a disposizione, gratuitamente, un medico in casa, in quanto suo genero. Angelica però è innamorata di Cleante e sia la serva Tonietta che Beraldo, fratello di Argante, sono dalla sua parte. Intanto Bellonia, seconda moglie di Argante, punta alla sua eredità. Ma sarà il sorprendente finale a scompaginare le dinamiche e ad aprire finalmente gli occhi ai vari personaggi.

“Il malato immaginario” fu concepito inizialmente come una comédie-ballet in tre atti seguiti da altrettanti intermezzi musicali accompagnati da balletti. Venne rappresentato per la prima volta il 10 febbraio 1673, con lo stesso Molière a interpretare Argante (fino alla sua morte, sopravvenuta una settimana soltanto dopo il debutto). Con quest’opera il drammaturgo voleva denunciare l’insufficiente formazione culturale della classe medica del tempo, accusando dottori e farmacisti di essere egoisti, ipocriti, avidi e pomposi, ma nello stesso tempo, fare satira sul malato e sulle sue tendenze ipocondriache.

Nel nuovo adattamento di Guglielmo Ferro l’interpretazione di Emilio Solfrizzi risulta di grande presa, grazie alla sua irresistibile comicità: diverte ed esalta le numerose sfaccettature caratteriali del protagonista, perché tutto ruota intorno alla sua performance, un malato in versione giovanile (com’era stato Molière) e le sue nevrosi, in un ruolo che è stato di tutti i grandi della scena, da Tino Buazzelli a Romolo Valli, da Luigi De Filippo a Franco Parenti, da Giulio Bosetti a Gabriele Lavia. Un ruolo importante lo gioca anche la scenografia, sviluppata in verticale, che vede al centro una sorta di enorme libreria-torre sui cui scaffali campeggiano medicinali di ogni tipo.

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