Esiste una convenzione non scritta per cui parlare pubblicamente della connessione esistente fra l’immigrazione e i sempre più gravi episodi di violenza – vedi quello di capodanno in piazza Duomo a Milano- ad opera di bande di delinquenti  stranieri è un tabù.

Invece bisogna romperlo questo tabù. Per il semplice fatto che se le cose non vengono chiamate con nome e cognome ed i fatti considerati per quello che sono i problemi non si risolvono. Anzi, si aggravano. 

Fare finta che a compiere delitti, stupri e violenze d’ogni genere siano dei “giovani” senza specificare che nella maggioranza dei casi si tratta di stranieri, molte volte addirittura irregolari sul nostro territorio, diventa una forma di complicità omertosa.

In Italia si sono 5 milioni di stranieri, pari all’8,4% dell’intera popolazione.

I detenuti stranieri sono 20.324 pari al 33,6%.

Non costiamo i numeri dei cittadini italiani di nazionalità straniera in prigione o autori di reati, ma anche basandoci sono sui dati ufficiali si deduce facilmente che il tasso di criminalità presso gli immigrati è quadruplo rispetto agli italiani. 

Interessante a proposito considerare il caso della Svezia, paese notoriamente democratico e socialmente avanzato. I dati sull’origine etnica dei crimini, che erano stati pubblicati regolarmente dal Consiglio nazionale svedese per la prevenzione della criminalità sia nel 1196 che nel 2005, nel 2017 sono stati bloccati dall’allora ministro della Giustizia Morgan Johansson.

Scrive il capo della Polizia di Göteborg, Erik Nord “oggi non è più un segreto che gran parte del problema delle gang e della criminalità organizzata con le sparatorie e le esplosioni sia legato all’immigrazione in Svezia degli ultimi decenni. Chiunque spari o venga fucilato nei conflitti tra bande proviene dai Balcani, dal Medio Oriente, dall’Africa settentrionale o orientale”.

Il Consiglio nazionale svedese per la prevenzione della criminalità scrive: ”Il rischio di essere schedati come delinquenti è maggiore tra le persone nate in Svezia da due genitori non autoctoni, seguite da persone nate all’estero. (…) Il rischio di essere segnalati come sospettati di reato è 2,5 volte più alto tra le persone nate all’estero rispetto alle persone nate in Svezia da due genitori autoctoni. Per le persone nate in Svezia da due genitori non nativi, il rischio è poco più di 3 volte più alto”.

Se in Italia non si interviene adesso il problema delle gang, che cominciano ad imperversare, diventerà una minaccia la sicurezza degli italiani. Sottovalutarlo, tacendo la nazionalità degli autori dei crimini è una forma di omertà come quella che ha sostenuto la mafia.