Il progetto ‘’Un nonno per amico’’ vuole crescere ed abbracciare una platea di utenti sempre più vasta. Ci siamo, quando vuoi e se vuoi è il motto. L’iniziativa, lanciata dal gruppo Insieme si può, che coinvolge associazioni di volontariato e che consiste in persone che telefonano agli anziani soli. sta incontrando invece inaspettate difficoltà. «Purtroppo diciamo agli anziani di non rispondere, di non aprire la porta e in questo caso diventa un muro da superare» spiega Stefano Manara (Piccola Fraternità).
«Abbiamo nove volontari attivi e formati – sottolinea Miranda Besaldo coordinatrice dei volontari del progetto -. Gli anziani, che chiamiamo da più di un anno e mezzo, sono invece rimasti sette. Alcuni aspettano che arrivi la telefonata anche perché siamo l’unico contatto esterno a parte i famigliari e i ministri della comunione. Dobbiamo cercare di raggiungere tanta gente che è sola. E’ un servizio rivolto a tutti, che non coinvolge solo Dossobuono. Andiamo prima a trovarli a casa per metterci d’accordo. Portiamo avanti anche il progetto ”Nonni a scuola” per l’integrazione tra diverse generazioni».
Ennio Tomelleri (Auser) chiede aiuto all’Amministrazione: «Deve coinvolgere le assistenti sociali. Con le nostre sole forze non ce la facciamo. Siamo più volontari che assistiti. Impegno anche economico non ha durata se non riusciamo a coinvolgere una platea maggiore di assistiti. Inizio del progetto che dovrebbe proseguire con una struttura che finalizza la telefonata con azioni concrete. Ancora non siamo in grado.
Il vicesindaco Nicola Terilli ringrazia Insieme si può per la felice intuizione di tre anni fa. «Nonostante viviamo nella civiltà della comunicazione h24 questa fascia di età non ha la possibilità di comunicare come le altre generazioni. Hanno bisogno di ritrovare la bellezza della parola umana. Sentire che stai a cuore a un altro essere umano ha un grandissimo valore. Ci sono persone che per vergogna o chiusura non vengono a chiedere aiuto. Dobbiamo fare di più per invogliare le persone ad utilizzarlo. Servizio di ascolto che molti comuni non hanno. E fa mergere situazioni di marginalità. E’un’opportunità per i figli che trovano un gruppo di persone specializzate che possono interagire col proprio congiunto».