I dati economici di 103 mila imprese venete sono stati elaborati dall’Ufficio Statistica della Regione per valutare gli effetti della pandemia sul sistema produttivo regionale. Il quadro che ne esce è desolante: soltanto il 15% del campione è riuscito a mantenere i livelli produttivi rispetto all’anno precedente; il 50% ha problemi di liquidità e il 60% sta cercando di reiventarsi per non scomparire.
I numeri del lockdown. Circa 3 imprese su 10 in Veneto hanno lavorato anche nei mesi di lockdown, e un terzo (32%) ha ripreso prima del 4 maggio: una quota significativamente superiore al valor medio nazionale (22,5%). Quasi quattro imprese su 10, invece, hanno sospeso in toto le attività, spesso anche dopo il 4 maggio. A chiudere definitivamente i battenti o a prevedere di non riprendere l‘attività entro il 2020 sono l’1,4% delle imprese. Si tratta in particolare di imprese delle costruzioni e dei servizi, di agenzie di viaggio e tour operator, di imprese di assistenza sociale non residenziale, o attività creative ed artistiche, sportive, culturali, nei servizi di alloggio e ristorazione e nel settore dell’istruzione.
Crollo dei fatturati. Il conto economico è pesante: tra marzo e aprile 4 imprese su 10 hanno visto ridursi il fatturato di oltre il 50% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Per un ulteriore 12,6% di imprese venete il fatturato nel bimestre osservato si è azzerato. Cinque imprese su 100 hanno invece registrato fatturati in crescita e un altro 10 per cento del campione è riuscito a mantenere un fatturato pressoché stabile.
Strumenti anti-crisi. Ad aiutare le imprese sono stati soprattutto gli ammortizzatori sociali e nuove modalità di gestione del personale, dai congedi allo smart working. La tipologia di misure di gestione del personale cui le imprese hanno fatto maggior ricorso è quella della Cassa integrazione guadagni (Cig) o di strumenti analoghi come il Fondo integrazione salariale (Fis), che ha riguardato il 60,1% delle imprese venete. Le imprese hanno poi fatto ricorso allo smaltimento delle ferie maturate dai propri dipendenti (46,4%), alla riduzione delle ore o dei turni di lavoro (29,3%), all’introduzione o estensione dello smart working (22%), al rinvio delle assunzioni previste (13,9%), alla rimodulazione dei giorni di lavoro e alla formazione aggiuntiva dei lavoratori (entrambe dichiarate dal 9,1% delle imprese).
Problema liquidità. A preoccupare gli imprenditori veneti è soprattutto la crisi di liquidità: circa un’impresa su due prevede una mancanza di liquidità nel corso del 2020 e più di una impresa su 3 prevede seri rischi operativi e di sostenibilità dell’attività (35,1% in Veneto, 38% in Italia). Oltre il 30% delle imprese venete teme, inoltre, che si ridurrà la domanda nazionale e locale dei propri prodotti e servizi. Soltanto il 13,5% delle imprese venete dichiara di non aver avuto alcun particolare effetto sull’attività della propria impresa a causa dell’emergenza sanitaria. Il fabbisogno di liquidità generato dalla crisi legata all’emergenza sanitaria ha spinto il 43,5% delle imprese venete a ricorrere a un nuovo debito bancario, anche tramite le misure di sostegno disposte in materia. Tra le altre forme di credito bancario, il 24,7% delle imprese venete ha scelto di fare ricorso ai margini disponibili sulle linee di credito e il 16,4% ha richiesto un differimento nei rimborsi dei debiti. Una impresa su 4 è ricorsa alla modifica delle condizioni e dei termini di pagamento con i fornitori; soltanto l’11,5% ha adottato modifiche di condizioni e termini di pagamento con la clientela.
Le imprese si reinventano. Se quasi 4 imprese su 10 non hanno adottato alcuna strategia, 6 su 10 in Veneto hanno cercato o stanno cercando nuove strade. La principale strategia adottata per rispondere alla crisi causata dall’emergenza sanitaria è la riorganizzazione dei processi e degli spazi di lavoro o commerciali, che riguarda il 18,9% delle imprese. Le altre principali azioni messe in campo riguardano la modifica o l’ampliamento dei canali di vendita o dei metodi di fornitura o consegna dei prodotti o servizi (14,6% delle imprese venete) e il differimento o annullamento dei piani di investimento (14,5%). Alla riduzione sostanziale del numero dei dipendenti ha fatto ricorso il 9,2% delle imprese venete, mentre una impresa su 10 ha scelto di intraprendere la produzione di nuovi beni e servizi non connessi con l’emergenza sanitaria, l’8,5% sta perseguendo nuovi modelli di business, e il 7,5% ha accelerato la transizione al digitale.