(di Simone Alessandro Cassago) Da un 6-7 anni, a livello mondiale, si sente continuamente di parlare di criptovalute o monete digitali virtuali; molti le considerano un nuovo modo per fare trading arricchendosi in fretta, altri le considerano una “nuova forma di democrazia monetaria”; altri ancori un vero e proprio “imbroglio”. Vediamo di fare un po’ di luce e chiarezza, partendo dagli aspetti prettamente tecnici:
La Criptovaluta per eccellenza è l’ormai arcinoto Bitcoin nato sul finire del 2008 ad opera di un certo Satoshi Nakamoto (altri non è, pare assodato ormai dopo più di 12 anni, che lo pseudonimo appartenente ad un gruppo di economisti ed ingegneri informatici, i quali si erano prefissati di creare la prima moneta “democratica” totalmente decentrata dal potere delle banche centrali mondiali, emittenti carta moneta). Va detto che, negli ultimi 4-5 anno sono emerse altre forme di criptovaluta, vedi Ethereum o Dogecoin per citarne un paio; essendo Il Bitcoin la capostipite prendiamo lei in esame, per la sua storia assodata.
Domanda di rito: cose è una criptovaluta? E’ una moneta di scambio digitale, non esistente in forma fisica, ma esistente nella realtà grazie ad un scambio di dati fra più Personal Computers. Qua nasce il primo elemento di scostamento dalle monete emesse dalle banche centrali avente corso legale: se un dollaro USA, o una sterlina inglese, o un euro sono tangibili essendo stampati in forma cartacea, le criptovalute sono virtuali e per questo “intangibili”. La grossa innovazione delle criptovalute nasce proprio dal fatto che sono totalmente libere e “decentralizzate”, a differenza delle normali banconote cartacee.
Arrivando al bitcoin, quindi lo possiamo considerare una criptovaluta, gestita attraverso una blockchain (o catena di blocchi), la quale a livello informatico non è altro che un archivio digitale crittografato condiviso (nel caso dei bitcoin all’interno della relativa comunità). Tramite la catena dei blocchi suindicata è possibile tenere registrate tutte le transazioni avvenute dal 1°gennaio 2009, data di partenza della validità di bitcoin come moneta alternativa, difatti non si può negare che l’archivio a blocchi del bitcoin non sia trasparente.
Infatti se si esegue una operazione è possibile sapere sempre dove, come, chi e quando la stessa è stata eseguita, poiché ogni transazione ha un codice alfanumerico simile ad un IBAN bancario detto address; siamo di fronte a transazioni di tipo pseudo-anonimo però visibili in quanto legate ad una persona iscritta alla comunità bitcoin. Va specificato che tutte le transazioni eseguite, per essere validate, utilizzano la potenza di fuoco, ogni notte per 365 giorni all’anno, di una rete inter globale di migliaia di PC collegati fra loro.
Visto così il bitcoin sembrerebbe una invenzione destinata a rivoluzionare il mondo; ma tra il dire e il fare passa molta acqua sotto i ponti. Facendo una breve digressione storica, con l’ausilio anche del grafico sopra riportato, vediamo che fino al 2014 – 2015 il bitcoin non aveva ancora davvero “sfondato” nel cuore degli investitori. Va anche detto nel triennio 2013 – 2015, alcuni fondi di venture capital e banche d’affari del calibro di JPMorgan, investirono non poco nel progetto facendo sì che nel 2016 il valore nominale unitario di un bitcoin oscillasse tra i 5.000 e i 6000 $. Una cosa importante da sapere è che i bitcoin non sono quotati su mercati regolamentati, ma sui cosiddetti mercati OTC (Over The Counter), mercati non regolamentati su cui vengono scambiati strumenti finanziari altamente speculativi. E questo ha fatto che sì che il bitcoin (come le altre criptovalute) viaggiasse sull’ottovolante per poi crollare, in quanto la caratteristica di questi mercati è la forte volatilità incontrollata dei prezzi.
Se ritorniamo al grafico per un istante notiamo che il 2017 i bitcoin, spinti molto dai suoi finanziatori e dagli hedge fund (i fondi speculativi), crescono di valore arrivando a sfiorare i 20.000 $ nell’estate del 2018. Poi, essendo in fase di ipercomprato, tutti han voluto incassare le laute plusvalenze, e la criptovaluta è crollata come un panetto di burro esposto al sole, riportandosi ai valori del 2016 intorno alla primavera del 2019.
Una leggera pausa e la corsa ricomincia tra maggio e settembre 2019 raggiungendo un tetto più contenuto di valore nominale unitario circa 13.000 $; 6 mesi di calma piatta e con l’avvento del covid e i crolli borsistici del marzo 2020, il bitcoin si prepara per un altro super rally, venendo diffuso da una certa stampa finanziaria “pompata” il concetto, un po’ pazzesco, che esso potesse essere considerato come un nuovo tipo di “bene rifugio” al pari dell’oro e altre materie prime. La salita è irrefrenabile e trascina il bitcoin, ad aprile 2021 a quotare “65.000” $ nominali unitari. Da lì, con un ipercomprato di dimensioni paurose, si poteva solo che scendere e così fu; oggi un bitcoin vale circa 31.000 $ e la bolla speculativa, che era dietro l’angolo, si sta palesando in forma consistente.
Cosa ne possiamo dedurre? Che il sistema ideato al suo tempo è innovativo ma con queste volatilità non gestibili, è come dover trascorrere la propria intera esistenza sulle montagne russe, e per chi non è molto esperto e sa quando fermarsi, la corsa si può trasformare in un nulla di fatto con ingenti perdite finanziarie. Tutte le banche centrali mondiali sono da sempre, per ovvie ragioni contro le monete virtuali che però, nella categoria dei 20 – 30 enni, sortiscono ancora molto fascino. La BCE, per contrastare il fenomeno, ha ideato la nascita dell’euro digitale entro la fine del 2022; un timido passo per tentare di fare entrare in un mercato regolamentato il bitcoin (che fra l’altro è stata adottata come moneta legale di scambio nel povero e martoriato stato di El Salvador, senza contare gli abili giochetti del magnate Elon Musk al riguardo)
Perché non si perda il valore pionieristico inziale della scoperta, sarà inevitabile l’entrata prima o poi in un mercato valutario regolamentato; allo stato attuale c’è l’interesse di alcuni gruppi finanziari a voler lasciare la situazione invariata. La lotta fra questi e le banche centrali, pertanto, non sarà rapida e non sarà nemmeno indolore.