( di Angelo Paratico) Presso Verona, nel 249, si decise la sorte del mondo occidentale con una battaglia campale fra l’imperatore Filippo l’Arabo (Marcus Iulius Philippus Augustus) e Decio (Gaio Messio Quinto Traiano Decio) che prevarrà, anche se potrà regnare per soli due anni.
Lo scontro avvenne verso la fine di agosto e gli inizi di settembre del 249. L’imperatore Filippo l’Arabo venuto a conoscenza della ribellione di Decio, da lui inviato ad arginare gli sconfinamenti dei Goti sui confini danubiani, raccolse un esercito e marciò verso nord, puntando su Verona per bloccarlo. Decio era un abile soldato e statista, originario della odierna Serbia e membro del senato romano. Filippo era conscio del valore del suo oppositore, per questo motivo lo aveva mandato a contrastare i Goti, ma le legioni si erano ribellate a Decio e gli avevano imposto di mettersi alla loro testa, per marciare su Roma.

Non sappiamo dove si svolse lo scontro fraterno fra i due eserciti ma con ogni probabilità avvenne tra Povegliano e l’odierna Villafranca, una vasta zona pianeggiante e ricca d’acqua, un luogo ideale per ampie manovre di cavalleria e di fanteria. La strada seguita da Decio, che risaliva dalla odierna Bulgaria, per marciare su Verona, fu quasi certamente da Aquileia, con una deviazione verso il Veneto, evitando gli impegnativi passi alpini.
Filippo l’Arabo, lui stesso un usurpatore, era originario di un villaggio a novanta chilometri da Damasco e, a parte la sua intelligenza, salì al trono con l’inganno e la frode. Forse aveva avvelenato il suo diciannovenne predecessore, un valoroso imperatore, Gordiano III, che si trovava impegnato a combattere contro i persiani. Nel 244 prese il suo posto e firmò subito un trattato con i nemici per rientrare velocemente a Roma e ottenere la conferma dal Senato. Acclamato nuovo Augusto dalle truppe, approfittò dell’anniversario dei mille anni dalla fondazione di Roma da parte di Romolo, che cadeva proprio nel 248, per offrire al popolo dei sontuosi festeggiamenti e guadagnarsi il loro favore.
Decio, nella primavera del 249 si trovò alla testa di almeno tre legioni: la Legio IIII Flavia Felix, la XI Claudia e la Legio X Fretensis e altre truppe barbare di supporto. Parliamo di circa 40 mila uomini per il suo esercito, inclusa la cavalleria. Filippo l’Arabo ne poteva avere circa 50/60amila, ma i suoi soldati avevano poca fiducia in lui, considerandolo un uomo giunto al potere grazie alla sua furbizia, più che al suo valore o al suo sangue.
E così il destino del mondo fu deciso a Povegliano
La disciplina e il valore dei soldati di Decio, pur in inferiorità numerica e stanchi per le lunghe marce, ebbero la meglio. Un grandissimo numero di uomini di Filippo l’Arabo caddero uccisi sul campo. Lo stesso Filippo vi fu ammazzato, forse in battaglia o forse decapitato dai suoi generali per porre fine allo scontro. Aveva circa 45 anni e il suo figlio undicenne, Filippo II, a Roma fu ucciso dai pretoriani, assieme al fratello di Filippo, Prisco e ad altri membri della famiglia imperiale.
Il problema creato dallo spostamento delle legioni di Decio dai confini orientali incoraggiò i Goti e i Carpi a sfondare le frontiere e ciò causò molta instabilità negli anni successivi, che poi Gallieno, Costantino e Diocleziano faticheranno a contenere, sino a giungere alla caduta definitiva dell’Impero d’Occidente, un secolo e mezzo dopo lo scontro avvenuto nelle campagne di Povegliano