Il 25 aprile la presentazione
Il prossimo 25 aprile non si festeggerà solo la “liberazione” dell’Italia ad opera dei partigiani ma si preannunciano altre manifestazioni: una Festa di San Marco; una commemorazione delle Pasque Veronesi e, una originalissima presentazione del saggio di Angelo Paratico intitolato ‘Un Re e il suo Burattino‘ presso alla Libreria il Minotauro, in Via Cappello, alle ore 18. Saranno presenti l’Autore e il filosofo e storico veronese Giovanni Perez.
Per gentile concessione dell’editore Gingko riportiamo qui sotto la breve introduzione a quest’aureo libretto che chiude una volta per tutte l’annosa diatriba fascismo-antifascismo.
“Con lo scorrere del tempo l’uomo Benito Mussolini è stato adattato ai gusti e alle esigenze di chi lo descrive. Basta leggere le ricostruzioni biografiche, più o meno fantastiche, scritte da Aldo Cazzullo, Antonio Scurati, Mimmo Franzinelli e Roberto Saviano, per rendersene conto. Con questo libro cercheremo di riportarlo a terra, fra noi mortali, descrivendo la realtà storica, spogliata dalle leggende. Cominceremo, dunque, a parlare del maggior responsabile della sua ascesa e della sua rovina: Vittorio Emanuele III.

Come dice Marcello Soleri nelle sue memorie per descrivere il Re: “L’aridità eccessiva dell’animo, che non ha impeti ed ardimenti, ma profonda sfiducia in sé stesso lo aveva reso scettico e abulico, senza confidenza con nessuno e con una certa ripugnanza per quella vita sociale e di Corte che pure avrebbe avuto un compito nella vita della Nazione, in quanto avrebbe creato un ambiente superiore ai partiti. Di qui una tendenza ad astrarsi dalla vita nazionale. Sua unica preoccupazione, infatti, era l’interesse della dinastia”.
Il Re fu il responsabile di tutti i disastri italiani del XX secolo. Al termine della Seconda guerra mondiale, Vittorio Emanuele andava arrestato e processato, come avrebbero voluto fare gli americani, ma Winston Churchill s’oppose, volendo mantenere il sistema monarchico in Italia.
Subito dopo il referendum del 2 giugno 1946, Mario Soldati incontrò Winston Churchill a Chartwell. Aveva dato una parte in un suo film alla figlia dello statista inglese, per questo fu invitato a pranzo. In un libro racconta che venne verbalmente aggredito da Churchill, che lo rimproverò per il voto referendario. Gli italiani avevano bisogno della Monarchia e non della Repubblica. Gli disse che servivano i fasti, gli splendori e i costumi regali, per tenere unito quel disgraziato Paese.
È falsa la narrazione che Benito Mussolini sia stato un bieco dittatore e che non lo si sarebbe potuto fermare senza spargimenti di sangue. Egli fu un semplice burattino manovrato dal Re e il mito dei suoi poteri assoluti venne costruito dopo l’8 settembre 1943 per puntellare la traballante dinastia sabauda, quando il Re e la sua Corte vennero trasformati in antifascisti. Tale narrazione fu costruita e propagandata da uomini e donne che possedevano vasti interessi a favore della continuazione del sistema monarchico, oppure volevano celare il proprio passato fascista. Per questo motivo, ancor oggi, stiamo pagando le conseguenze di quella sottile ma diffusa mistificazione.
Pensiamo che una maggiore gratitudine andrebbe tributata, dopo il ventennio fascista e l’invasione nazista, agli Anglo-Americani e agli altri corpi di liberazione: polacchi, brasiliani, nepalesi, neozelandesi e australiani, dei quali non si parla. Vero è che l’Italia fu liberata anche dai partigiani ma lo fu soprattutto dagli eserciti del Regno Unito, degli Stati Uniti e da quello monarchico italiano che, formalmente, obbediva al luogotenente del Re, Umberto II.
Il 25 aprile 1945 fu una data funesta per tutta l’Europa, perché sul ponte di Torgau s’abbracciarono i soldati sovietici e quelli americani. Certo, la pace s’avvicinava ma l’incontro marcò la fine dell’indipendenza e della centralità europea: fu il finis Europae che segnò il culmine di quel grande processo che Jean Montigny definì “il complotto contro la pace”.
Il 25 aprile che festeggiamo in Italia, in modo sempre più fazioso, è una ricorrenza che andrebbe spostata al 8 maggio, come negli Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, Germania, Armenia, Repubblica Ceca, Estonia e via dicendo. L’8 maggio segnò la vera chiusura della guerra e andrebbe commemorato da tutti noi, giacché nulla è più prezioso di una onorevole pace”.