E nonostante feste e ponti siamo quelli che lavorano di più in Europa
Troppi ponti quest’anno. 2 giorni di lavoro in meno rispetto al 2024 sono 12 miliardi di Pil in meno. Secondo i calcoli della Cgia di Mestre l’Italia produce reddito per 6 miliardi al giorno, 104 euro pro capite per i 59 milioni di abitanti.
In Europa ( dati Ocse) siamo quelli che lavorano di più: 1.734 ore per occupato all’anno. Ci superano solo Grecia, la Polonia, la Repubblica Ceca e l’Estonia. La Francia è a 1.500 ore. La Germania a 1.343.
Con le feste e i ponti del periodo che va da Pasqua al 1° maggio si produce di meno anche se il settore turistico si lavora a pieno regime.
Nel 1977 il governo Andreotti decise di cancellare alcune feste religiose: l’Epifania, S. Giuseppe, l’Ascensione, il Corpus Domini, S. Giovanni e Ss. Pietro e Paolo, S.Francesco. La Cgia stima che se tra feste e ponti riuscissimo a recuperare una settimana di lavoro all’anno guadagneremmo un punto di Pil che vale 22 miliardi.

E’ Milano la provincia che produce di più per abitante: 184,9 euro al giorno. Seguono Bolzano con 154,1, Bologna con 127,6, Roma con 122, Modena con 121,3, Aosta con 120,4, Firenze con 119,8, Trento con 119,5, Parma con 115,4 e Reggio Emilia con 113,7. Verona è la 15ª con 107, tra le venete dopo Vicenza e Padova.
Si produce meno al sud.
Al netto di Milano che conta oltre 3,2 milioni di abitanti ed è considerata la più importante area industriale e finanziaria del Paese, nelle prime 20 posizioni della classifica nazionale solo 4 province del Nordovest (Aosta, Genova, Brescia e Bergamo), mentre ben 13 sono del Nordest (Bolzano, Bologna, Modena, Trento, Parma, Reggio Emilia,Vicenza, Trieste, Padova, Verona, Treviso, Belluno e Piacenza). Dato che, osserva la Cgia, dimostra come le realtà dove la presenza delle Pmi è più diffusa, sono quelle più virtuose dal punto di vista economico.
Il problema è che non abbiamo più le grandi imprese. Non riusciamo ad attrarre le multinazionali straniere. Le cause sono il deficit infrastrutturale del Sud, la giustizia troppo lenta, la Pubblica Amministrazione che paga troppo tardi, le tasse e la burocrazia. Nonostante ciò le nostre Pmi hanno risultati economici e occupazionali straordinari.
In questi ultimi 35 anni le retribuzioni degli italiani sono rimaste ferme mentre in quasi tutta Europa sono aumentate. Tra le cause la bassa produttività soprattutto nei servizi e l’assenza delle grandi imprese.
Fino agli anni ’80 l’Italia era tra le prime potenze economiche del mondo. L’Iri, l’Eni ed Efim, l’Alfa Romeo, Angelini, Enimont, Fiat, Italsider, Montecatini, Montedison, Montefibre, Olivetti, Pirelli, Polymer, Sava/Alumix garantivano occupazione, ricerca, sviluppo, innovazione e investimenti.
Il crollo del comunismo con l’apertura ai Paesi dell’Est e la globalizzazione hanno spinto fuori mercato molte delle nostre grandi aziende. Tangentopoli ha interrotto le protezioni di cui godevano molte imprese a partecipazione statale nella 1ª Repubblica. Se l’Italia è ancora tra i paesi più avanzati, osserva la Cgia di Mestre, lo deve quasi esclusivamente alle sue Pmi che col “made in Italy” continuano a dominare buona parte dei mercati internazionali.