(di Stefano Tenedini) Papa Leone XIV, fino a ieri sera cardinale Robert Francis Prevost, è stato accolto anche a Verona nel momento della sua elezione al Soglio di Pietro da un abbraccio di campane. Si è aperta così la nuova, emozionante pagina che la Chiesa cattolica scriverà nella sua storia antica di due millenni.
Del pontefice che succede a Francesco (a questo link l’articolo del nostro giornale dedicato il 21 aprile alla scomparsa di Papa Bergoglio) colpisce l’essere il primo nato negli Stati Uniti ed esattamente a Chicago (il che lo rende concittadino di Barack Obama), la sua appartenenza all’Ordine degli Agostiniani, la passione per il tennis e per la lettura. Una laurea in matematica, accompagnata dagli studi di filosofia e dal diploma in teologia, parlano di lui come di una sintesi di rigore scientifico e amore per il pensiero puro.
IL CAMMINO DI LEONE XIV: GLI USA, IL PERù E ROMA
E anche nelle sue scelte papa Prevost rappresenta la capacità di fondere e unire, eppure di saper distinguere giusto e sbagliato. Dall’Illinois industriale al Perù dove ha svolto quasi tutta la sua missione, si è mosso tra il nord e il sud dei due continenti gemelli, attento agli emarginati e capace di confrontarsi con il potere. Come quando in febbraio non ha rinunciato a criticare JD Vance, il vice di Trump. Sulle politiche della Casa Bianca sugli immigrati sbaglia, gli aveva scritto: “Gesù non ci chiede di fare classifiche sull’amore per gli altri”.


Molti vedono in lui un mediatore, anzi, il collante per una Chiesa in cerca di una ritrovata unità che vuole perseguire il dialogo. Le sue prime parole dall’alto di Piazza San Pietro sembrano andare in questo senso. “La pace sia con voi”, ha esordito, “una pace disarmata e disarmante”, quasi a significare che la pace deve essere giusta per tutti e non scontentare alcuni per premiare altri. E ha aggiunto: “Bisogna costruire ponti e non muri. Il male non prevarrà: noi senza paura, uniti, mano nella mano con Dio, andiamo avanti”. Ha descritto così la sua visione della Chiesa di Roma: “Missionaria, sempre aperta come questa piazza. Una Chiesa sinodale, vicina a coloro che soffrono”.
Frasi potenti, un sorriso pacato e gli occhi lucidi che saranno l’immagine di lui che rimarrà nella storia. Come il “Se sbaglio mi corrigerete” di Giovanni Paolo Secondo, travolto dagli applausi della gente, “l’umile servitore nella vigna del Signore” di papa Ratzinger o il semplice, commovente “Fratelli e sorelle, buonasera” di Francesco. Leone Quattordicesimo lascia prevedere, almeno per oggi, un Vaticano in continuità di ministero, ma forse senza certi strappi di Papa Bergoglio.
Prevost avrà settant’anni il 14 settembre, e la sua biografia è un crocevia di culture: nato da papà di origini italiane e francesi e mamma di origini spagnole. “I nonni erano tutti immigrati”, ha raccontato. “Sono cresciuto in una famiglia molto cattolica”. Gran parte della sua vita l’ha trascorsa come dicevamo lontano dagli Stati Uniti, nel solco della missione di Sant’Agostino. Oltre all’inglese parla spagnolo, italiano, francese e portoghese e legge il latino e il tedesco. Tutte lingue che gli serviranno nella missione globale cui potrà dedicare il suo pontificato. E di cui i fedeli potranno seguire fin da oggi e domenica i primi appuntamenti formali (a questo link il calendario delle funzioni sul sito ufficiale Vatican News).
E’ entrato nel noviziato dell’Ordine di Sant’Agostino, nella provincia di Nostra Signora del Buon Consiglio a Saint Louis, a 22 anni, per prendere i voti solenni nel 1981. A 27 anni è stato inviato a Roma per studiare diritto canonico alla Pontificia Università San Tommaso d’Aquino, ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale nel 1982 e ha conseguito la licenza nel 1984. La sua prima destinazione è stata la missione peruviana di Chulucanas, cui ieri ha rivolto un saluto in spagnolo come tributo alla sua formazione. Ritornato definitivamente a Chicago nel 1999, è stato riconsegnato al Perù proprio da papa Francesco, che nel 2014 lo ha nominato amministratore apostolico della Diocesi di Chiclayo.
VESCOVO DI UNA DIOCESI DELL’IMPERO ROMANO!
Particolare interessante, che lo ha reso discendente della Chiesa delle origini, è stato contemporaneamente nominato vescovo titolare della Diocesi di Sufar, in Algeria, antica sede episcopale della provincia di Mauritania Cesariense soppressa alla fine dell’impero romano, ma tornata nel 1933 sede vescovile titolare della Chiesa cattolica.
E ancora: nel 2020 papa Bergoglio lo ha nominato amministratore apostolico della diocesi di Callao. Dal 2023 era il prefetto del Dicastero per i vescovi e presidente della Pontificia Commissione per l’America Latina. “Mi sento sempre un missionario”, non ha mai fatto fatica ad ammettere, condividendo con Francesco l’amore per quelle genti “quasi alla fine del mondo”.
Fra le tante doti comuni ai veri pastori d’anime dimostra, almeno sui campi di tennis, anche la capacità di giocare di rimessa che gli sarà molto utile nella politica: chi lo conosce parla di un buon rovescio e di “un discreto tennista”, nonostante dica di sé, minimizzando, “mi considero un giocatore dilettante, con poco tempo per giocare”.
Chiamato oggi a partite molto più impegnative, di tempo ne avrà ancora meno. Però potrebbe dedicarsi con più serenità agli altri passatempi che apprezza, come la lettura o le passeggiate all’aperto con gli amici, che pare avere raccolto intorno a sé in gran numero. “Saper sviluppare e mantenere amicizie autentiche nella vita è davvero molto bello”, ha spiegato. “Penso l’amicizia sia uno dei doni più meravigliosi che Dio ci ha dato”. Il mondo intero, in tempi complicati come questi, si augura che Papa Leone contagi le moltitudini con questa voglia di stringere amicizie.