(di Roberto Colantoni) Le piste ciclabili sono utili o sono uno spreco?
Nel ’68, l’anno della contestazione globale, è stata sottoscritta da molti stati la Convenzione di Vienna sul traffico stradale e la Convenzione di Vienna sulla segnaletica stradale. Anche se non citano espressamente il termine di “pista ciclabile”, in esse si definiscono esattamente le linee guida di corsia per velocipedi e pista per velocipedi, prendendo ad esempio le soluzioni della mobilità della Cina e dell’India.
Con la moda “green”, esplosa negli anni ’90 in Danimarca e Olanda c’è stata una forte spinta verso la mobilità ciclabile, tenendo presente che in quei paesi vi sono città che per morfologia, muoversi in bicicletta è l’unica soluzione ragionevole.
Piste ciclabili deserte
Nell’Unione Europea e con le politiche ‘verdi’, alcune forze politiche hanno ben pensato di trasformare la bicicletta in un simbolo di una ideologia che pone l’accento su temi ambientali e progressisti, quali la sostenibilità, cercando di integrare la salvaguardia dell’ambiente nella gestione delle risorse naturali, nello sviluppo economico e nelle politiche sociali.
Un fiume di denaro e di regolamenti hanno dato origine ad una forte competizione da parte delle Amministrazioni “promotrici delle città Smart”, per la realizzazione di questo genere di infrastrutture.
Da qui ad oggi il passo è breve. Osserviamo il nascere un po’ ovunque di soluzioni di ingegneria della mobilità che ha il fine di creare le “piste ciclabili” nei modi più bizzarri, a volte invadenti nella qualità complessiva del buon gusto della progettazione urbana, soluzioni che alcune volte risultano persino ridicole specialmente se consideriamo la loro funzionalità e il senso di “continuità e di accessibilità di queste dotazioni”.
Ma, come accade a tutte le politiche demagogiche, ideologiche e alle forzature, cozzano con la realtà. Ed anche con la legge, visto che l’art. 162, comma 9 del Codice della strada, recita che i ciclisti devono obbligatoriamente transitare sulle piste ciclabili quando presenti.
Eh sì, avete capito bene. I ciclisti hanno l’obbligo, quando presenti, di utilizzare le sole corsie a loro dedicate! Non le strade o i marciapiedi, in modo anarchico come accade dappertutto ed anche a Verona.
Ma nuove “ciclabili” vengono istituite un po’ ovunque. Non importa se poi vengono sistematicamente ignorate dalla maggior parte dei ciclisti che imperterriti vanno dove vogliono.