Verona aggiunge un nuovo, prezioso tassello al mosaico della sua storia millenaria. Nel cuore della città, all’interno dei giardini del Museo di Castelvecchio, sta emergendo un frammento dimenticato del suo passato medievale: la chiesa di San Martino in Aquaro, le cui prime attestazioni risalgono all’epoca carolingia, fra VIII e IX secolo. Un sito che oggi, grazie a un ambizioso progetto di ricerca e valorizzazione, apre nuove prospettive per la conoscenza e la fruizione del patrimonio cittadino, offrendo sia ai residenti che ai visitatori un’occasione unica per avvicinarsi alla storia più profonda di Verona.

L’attività di scavo, avviata nel 2023 sotto la direzione scientifica del professor Fabio Saggioro dell’Università di Verona – Dipartimento di Cultura e Civiltà, in collaborazione con il Politecnico di Milano – Polo di Mantova, i Musei Civici e la Soprintendenza, proseguirà su un arco triennale. Ogni anno, per sei settimane tra maggio e giugno, gli archeologi riportano alla luce le strutture nascoste, per poi proteggere l’area durante i mesi di inattività. Quest’anno, l’indagine ha raggiunto un’estensione mai esplorata prima, rivelando la navata centrale, parte di quella laterale, alcuni pilastri e resti del campanile della chiesa.

San Martino in Aquaro rappresenta molto più di una semplice testimonianza architettonica. La sua posizione, tra l’antica Porta del Morbio e l’Arco dei Gavi, racconta la storia di un nucleo urbano periferico dell’antica Verona romana, divenuto poi centro di un piccolo quartiere medievale di cui le fonti conservano solo flebili tracce. Gli scavi stanno progressivamente componendo un mosaico di stratificazioni urbane che testimoniano la complessità e la continua trasformazione del tessuto cittadino attraverso i secoli: dalle fasi tardo-antiche e gotiche fino alle radicali trasformazioni scaligere che, nel XIV secolo, con la costruzione di Castelvecchio, portarono alla demolizione dell’antica chiesa.

Ecco la chiesa di San Martino in Aquaro

Il valore strategico e culturale di questa riscoperta si inserisce oggi in una prospettiva di valorizzazione che guarda tanto alla cittadinanza quanto al pubblico internazionale. Lo stesso professor Saggioro sottolinea come l’obiettivo sia duplice: offrire ai veronesi la possibilità di riappropriarsi di un patrimonio in gran parte sconosciuto e, al contempo, attrarre un turismo culturale di qualità, sempre più attento alla profondità storica dei luoghi visitati. In un’epoca in cui il turista ricerca esperienze autentiche e narrazioni complesse, San Martino in Aquaro rappresenta un’opportunità concreta per Verona di proporsi come modello internazionale di valorizzazione del patrimonio archeologico integrato nel tessuto urbano.

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La particolarità del progetto risiede anche nell’approccio aperto al pubblico: durante il periodo degli scavi, l’area è visitabile tramite visite guidate organizzate, mentre, domani, il 13 giugno è in programma un open day che consentirà a cittadini e turisti di entrare nell’area di scavo e dialogare direttamente con gli archeologi impegnati nella ricerca. Un’esperienza che permette di osservare non solo i reperti emersi, ma il metodo stesso della ricerca archeologica, rendendo il pubblico parte attiva del percorso di conoscenza.

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San Martino in Aquaro non è soltanto una scoperta archeologica, ma un nuovo strumento attraverso cui Verona può raccontare se stessa, non limitandosi all’immagine da cartolina dei suoi monumenti più noti, ma offrendo una narrazione stratificata e coinvolgente, capace di stimolare riflessioni più ampie sulla storia urbana, sulle trasformazioni sociali e sulla responsabilità nella conservazione e trasmissione del patrimonio.

In un contesto internazionale sempre più competitivo sul fronte del turismo culturale, iniziative come questa confermano il potenziale di Verona di proporsi come meta di riferimento per un pubblico esigente, capace di apprezzare la ricchezza nascosta oltre le facciate più celebri della città. San Martino in Aquaro è, in definitiva, un ponte ideale fra il passato remoto e il futuro della città, nel segno di una valorizzazione che mira non solo a conservare, ma a raccontare.