(Francesco Corraro) Cantava Michele Zarrillo “Cinque giorni che ti ho perso…”. Immaginate la disperazione. Ora moltiplicatela per 17 (numero, già di per sé, carico di presagi nefasti). Il risultato? 85 giorni. Non di struggente separazione amorosa, in questo caso, ma di vantaggiosa sospensione temporale. A favore del Fisco, è ovvio!
Già, perché solo pochi giorni fa il Governo ha messo, più o meno, la parola fine ad uno dei più intricati enigmi che, ultimamente, teneva banco nelle aule di giustizia tributaria: la portata applicativa della sospensione di 85 giorni – dall’8 marzo al 31 maggio 2020 – dei termini relativi all’attività degli enti impositori, introdotta dall’art. 67 del D.L. n. 18/2020, e della corrispondente proroga dei termini di decadenza per la notifica dei provvedimenti impositivi.
La domanda che ci si poneva era: la sospensione e la proroga in questione riguardano solamente gli atti da notificare entro il 2020, come sostenuto da diverse Corti di merito, oppure, come affermato lo scorso gennaio dalla Suprema Corte di Cassazione nell’ord. n. 960/2025, produceva effetti “a cascata” anche su quegli atti i cui termini di notifica, già pendenti all’epoca dell’anzidetta sospensione, scadevano in anni successivi al 2020?
Un dilemma affatto marginale, considerato che aderire all’una piuttosto che all’altra tesi significava, nella sostanza, segnare le sorti – in termini di validità/invalidità – della pretesa erariale e che, per la sua delicatezza, avrebbe, dunque, meritato di essere chiarito attraverso una bella norma di interpretazione autentica, chiara, diretta e retroattiva, che dicesse: “Signori, l’art. 67 si interpreta così, da sempre. Fine dei giochi!”.
E invece no. In linea con la migliore tradizione del “non detto che dice tutto”, l’art. 22 del D.lgs. n. 81/2025, in vigore dal 13 giugno scorso, offre una soluzione decisamente più criptica, stabilendo che “a decorrere dal 31 dicembre 2025, la sospensione dei termini di cui all’articolo 67, comma 1, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, […] non si applica agli atti recanti una pretesa impositiva […] emessi dall’Agenzia delle entrate”.
Una formulazione apparentemente neutra ma che, sotto sotto, sussurra al lettore esperto: “Hai capito, vero?” E si perché se “la sospensione […] non si applica” da una certa data futura, ciò non implica, forse, che fino a quella data tale sospensione e la corrispondente proroga dei termini decadenziali operavano eccome?
Scelta decisamente opinabile considerato che le norme interpretative, in base allo Statuto dei diritti del contribuente, sono ammesse solo in casi eccezionali e, soprattutto, devono essere espressamente qualificate come tali.
Principio che, nel caso di specie, è stato abilmente eluso con la leggiadria di un prestigiatore: nessuna dichiarazione esplicita. Solo “allusioni” che avallano la tesi secondo cui gli atti notificati dal Fisco oltre il termine ordinario di decadenza previsto per legge, ma entro la “finestra magica” degli 85 giorni a seguire, sono pienamente validi anche se il predetto termine di decadenza – sebbene pendente durante il periodo di sospensione previsto dal sopra citato art. 67 – scadeva dopo il 2020.
Un’interpretazione che molti operatori (ad eccezione dei contribuenti, s’intende) attendevano con ansia. Ma non finisce qui.
La norma si premura, infatti, di puntualizzare che la sospensione non si applica agli “atti […] emessi dall’Agenzia delle entrate”. Un inciso, quest’ultimo, che pur entrando in punta di piedi, finisce col far gran rumore. E si perché se la portata applicativa della disposizione è chiaramente limitata ai soli atti del Fisco statale, non se ne ricava, forse, che per i tributi locali – IMU, TARI e simili – la proroga di 85 giorni per la notifica dei relativi atti impositivi riguardava esclusivamente quelli in scadenza nel 2020?
Il quadro che ne emerge è, dunque, quello di un vero e proprio “doppio binario” fiscale dove, su una banchina, troviamo l’Erario che, forte della proroga, ha potuto estendere i termini di accertamento; sull’altra, mal illuminata, stazionano, invece, gli Enti locali rimasti ad osservare il convoglio della sospensione/proroga transitare dinanzi ai loro occhi senza, però, potervi salire.
E, alla fine, chi paga? Ma che domande! I contribuenti, naturalmente! Soprattutto quelli che, impugnando gli atti impositivi notificatigli oltre il termine orinario di decadenza, avevano confidato nell’inoperatività dell’anzidetta proroga di 85 giorni. Strategie difensive che, dunque, rischiano ora di sciogliersi – per citare Pino Daniele – come “Neve al sole” di giugno, lasciando sul campo qualcosa in più di un principio disatteso: probabilmente un F24 da pagare.
