(di Gianni Schicchi) Otello è una delle tragedie più sconvolgenti nella storia del teatro di tutti i tempi. Una storia d’amore e gelosia, di libertà e tradimento, di potere e illusione. Il Moro di Venezia torna al Teatro Romano in una potente rilettura di Giorgio Pasotti, con una drammaturgia originale firmata da Dacia Maraini.

Ể il primo dei tre capolavori a presentarsi nell’Estate Teatrale Veronese 2025, in prima nazionale assoluta, a cura del Teatro Stabile d’Abruzzo, in coproduzione con Marche Teatro, Stefano Francioni Produzioni, Virginy L’isola trovata e in collaborazione col Teatro Maria Caniglia, a cui poi seguiranno, Riccardo III (17 e 18 luglio) e La Tempesta (34 e 25 luglio).
Otello, uno dei drammi di Shakespeare più lineari, che si più avvicina al rispetto delle unità di azione e di tempo, col suo svolgersi in due giorni e in due luoghi: Venezia e Cipro. Con la prima che costituisce l’antefatto dove l’unione tra Otello e Desdemona viene scoperta e denunciata per poi essere sancita dal Doge. E con la seconda come luogo degli intrighi di Iago e della caduta di Otello. Al centro della vicenda, la relazione intensa e tragica tra una donna coraggiosa e libera ed un uomo “diverso”, perché straniero e di colore, che viene amato contro ogni pregiudizio e ostilità. Una scelta d’amore che sfida le convenzioni e che finisce però in una spirale di sospetto e violenza.

Ể su quest’ultimo versante che la regia di Pasotti calca la mano, su una violenza cieca che si accende senza ragione, che cresce per insicurezza, per possesso, per una insipida, inutile gelosia. Un’interpretazione moderna che mette in luce anche l’attualità delle tematiche shakespeariane: dall’identità, al potere maschile, alla manipolazione, alla libertà femminile. E che fa riandare a quanto le cronache uniformano sotto la voce femminicidio, col loro grande impatto emotivo; eventi che ogni giorno un certo sensazionalismo dei mezzi di comunicazione ci trasmette con l’ansia per il disagio crescente che investe le relazioni private, a cominciare dai parossismi di violenza di cui sono spesso vittime le donne. E che atroci fatti di cronaca fanno poi venire alla luce anche sconcertanti spaccati domestici.
Con la sua regia, Giorgio Pasotti si interroga sulla forza di un grande classico per metterci di fronte una società malata ed incattivita, sgomenta per vite non rispettate. Otello è quindi tragicamente attuale: con le sue parole di quattro secoli fa, narra quanto accade fra noi tutti i giorni, come la storia di una donna che ha avuto il coraggio di fare la sua scelta, in una società che come quella in cui viviamo, teme diversità e differenza, facendone pagare la funesta conseguenza. Un punto di vista poco frequentato, ma che restituisce al dramma un’incredibile e cruda modernità.

Ma cosa succede quando l’amore si trasforma in controllo? Quando il desiderio di libertà viene soffocato dal bisogno di possesso? E soprattutto: possiamo ancora imparare qualcosa da Otello? Tutte domande che Pasotti pone con la sua regia, inquietante e cruda, ma tremendamente realistica e che lo spassoso Doge di Salvatore Rancatore traduce nel finale con un richiamo/quesito rivolto al pubblico.
In scena due volti noti e giovani promesse del teatro italiano: Giacomo Giorgio nelle vesti del protagonista e Claudia Tosoni come Desdemona. Il regista Giorgio Pasotti interpreta il personaggio di Iago, mentre nel cast ci sono anche Davide Paganini (Cassio), Gerardo Maffei (Brabantio), Andrea Papale (Roderigo) e Dalya Aly, ottima Emilia.
Nel ruolo di Otello, Giacomo Giorgio, giovane attore amato dal grande pubblico (ricordate la serie televisiva Mare fuori?) è un protagonista convincente, attratto dai suoi sospetti , invelenito, desolato, frenetico con le sue riflessioni sulla gelosia, sull’incessante ed accanito tormento imposto a se stesso, quasi per soddisfare una volontà suicida all’autodistruzione, ma anche tutto impeti laceranti, improvvisi e sopravvenienti gelide meditazioni.
Claudia Tosoni ha affrontato la sua Desdemona con un entusiasmo sincero, commosso slancio e nervi tesi allo spasimo. Deliziosa nella sua figura ha rivelato il meglio di sé nei momenti di più alta concitazione. Svettante e beffardo, lo Iago di Giorgio Pasotti che ha ben individuato l’intima sostanza del suo stupendo personaggio nello scontro con Otello, non superandolo mai nel protagonismo anche se il ruolo glielo avrebbe ampiamente consentito. Bene impostato l’utile apporto dei minori dove si è distinto il disinvolto Cassio di Davide Paganini. Merita un plauso a parte l’irridente farfallone Doge di Salvatore Rancatore che ci ha fatto spesso rivivere lo stile glam rock del grande Freddie Mercury anni Sessanta, con i suoi abiti bizzarri ed eccentrici, gli occhi truccati e le unghie laccate.
L’ottimo adattamento di Antonio Prisco, con le scene di Giovanni Cunsolo – un susseguirsi di lunghi tappeti riflessi su una grande lamina argentea divisa a metà – ha immaginato ponti, calle e piazza San Marco di Venezia, come le rive del mare burrascoso cipriota. Indovinate anche le musiche originali di Patrizio Maria D’Artista, le immagini di Thierry Lechanteur, i colorati costumi di Sabrina Beretta; light designer dello spettacolo era Marco Palmieri. Il successo del pubblico non è mancato (seppure qualche vuoto c’era fra le gradinate) visti gli adeguati e ripetuti applausi al termine.
