Tecnoinerti ha depositato il 15 luglio un progetto rivisto per l’impianto di smaltimento di rifiuti contenenti amianto a Villafranca di Verona, nella frazione di Caluri. Accogliendo le osservazioni della Regione Veneto, che avevano portato al diniego della precedente proposta, la società ha introdotto una fascia di rispetto a verde di 30 metri lungo l’intero perimetro del bacino di conferimento, riducendo di conseguenza le dimensioni complessive dell’impianto: la superficie passa da 66.000 a 45.000 metri quadrati, mentre i volumi da 420.000 a 312.000 metri cubi. La potenzialità annua rimane invariata, ma la durata del conferimento sarà più breve.
Il rappresentante legale di Tecnoinerti, ing. Gianfedele Altamura, ha evidenziato le modifiche e risposto alle preoccupazioni diffuse nella comunità locale: «Si è creata molta confusione intorno al progetto e alla pericolosità dell’amianto. Una delle obiezioni più ricorrenti riguarda la presunta incompatibilità con la zona di ricarica delle falde acquifere. In realtà, la Regione Veneto ha previsto una deroga specifica nel Piano Regionale Rifiuti per le discariche di amianto, poiché, come dimostrano dati scientifici consolidati, questi impianti non rilasciano inquinanti in falda. I rifiuti contenenti amianto sono insolubili e i monitoraggi presso siti simili hanno rilevato valori di fibre aerodisperse e percolati prossimi allo zero».
Altamura ha richiamato l’articolo tecnico pubblicato sul Notiziario 02/2024 dell’Ordine degli Ingegneri di Verona, che ribadisce come una corretta progettazione e gestione delle discariche di amianto sia la via più sicura per affrontare la presenza diffusa di manufatti contenenti il minerale. «Il Piano Regionale Rifiuti – ha aggiunto – stima un fabbisogno di 55.000 tonnellate annue di capacità di smaltimento per i rifiuti contenenti amianto. Questa proposta va nella direzione indicata dalla Regione. Comprendiamo i timori, ma di fronte alla sindrome NIMBY servono soluzioni concrete: l’amianto presente in scuole, ospedali e abitazioni va gestito in sicurezza, e questi impianti sono l’unico modo per farlo».
Per fare chiarezza sugli aspetti scientifici, Tecnoinerti ha chiesto un parere al Prof. Raffaello Cossu, Professore Emerito di ingegneria ambientale dell’Università di Padova. «Il vero rischio dell’amianto è la dispersione nell’aria delle sue fibre microscopiche, responsabili di gravi patologie oncologiche – ha spiegato –. Per questo parlare di “discarica di amianto” è riduttivo: si tratta di impianti di interramento controllato dei rifiuti contenenti amianto, strumenti salvavita. In Italia, tra il 2010 e il 2020, circa 16.000 persone sono morte per esposizione a manufatti mai rimossi. Non esistono invece casi di decessi legati alla presenza di questi impianti. Se si continua a morire di amianto, è per la loro assenza, non per la loro esistenza».
Sul tema delle falde acquifere, Cossu ha chiarito che «i rischi riguardano soprattutto le vecchie tubazioni in cemento-amianto e i depositi incontrollati, non gli impianti gestiti. Questi ultimi hanno sistemi di impermeabilizzazione avanzati, con doppi strati di argilla e membrane sintetiche che impediscono la dispersione. Le fibre di amianto non sono solubili e non vengono trasportate per lisciviazione».
Infine, l’esperto ha ribadito che attualmente non esistono alternative concrete all’interramento controllato per la gestione dei rifiuti contenenti amianto. «Esperimenti pilota, come l’impianto francese che utilizza il plasma, hanno costi e consumi energetici insostenibili. In tutti i Paesi industrializzati, Italia compresa, la gestione sicura degli RCA avviene tramite interramento controllato. È una pratica consolidata in Germania, Austria, Svezia e Francia, dove confluiscono anche i rifiuti esportati dall’Italia».
