I rifiuti non sono di altri, ma di tutti

(Alberto Lorusso*) Cassonetti ricolmi, sacchi abbandonati agli angoli delle strade, sporcizia che si accumula sotto gli occhi di tutti: è questa, purtroppo, l’immagine che in questi giorni Verona offre di sé. Se le strade dissestate sono senza dubbio responsabilità di un’amministrazione che non interviene, i rifiuti lasciati a terra sono anche colpa dei cittadini che li abbandonano. Non possiamo accettare tutto questo, così come non accetteremmo mai che qualcuno spegnesse una sigaretta sul tappeto del soggiorno di casa nostra e la lasciasse lì, schiacciata per terra.

Dobbiamo rompere un’idea tanto malata quanto diffusa: quella per cui, a mano a mano che ci si allontana dal portoncino di casa, il suolo sarebbe progressivamente “meno nostro”. Sicuramente sentiamo come nostro l’appartamento in cui viviamo; già un po’ meno il pianerottolo; ancora meno l’androne del palazzo; e consideriamo addirittura “degli altri” ciò che sta fuori dal portone dello stabile. Non è così. Non è affatto così! È nostro tutto quanto: le strade, i parchi, i giardini, i monumenti della nostra città sono nostri tanto quanto il salotto della casa in cui viviamo.

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In una comunità vera, come in una famiglia, non ci si limita ad attendere che qualcun altro sistemi ciò che non funziona. Ognuno deve assumersi la propria parte di fatica, perché il bene comune non è un’entità astratta: è la condizione in cui viviamo, è la tavola a cui sediamo ogni giorno, sono i piatti che sparecchiamo, è la stanza che rassettiamo. Nessuno, in una famiglia che si rispetti, si alza da tavola lasciando i piatti sporchi e pensando che altri mettano in ordine. E se qualcuno lo fa, gli altri — con fermezza, ma sempre con affetto — lo richiamano al rispetto del dovere condiviso, per il bene di tutti.

La pulizia di Verona è nelle mani dei cittadini. Non solo dell’Amia

Verona ha bisogno di questa stessa consapevolezza civica: che ogni cittadino sia custode di un patrimonio che non appartiene ad altri, ma a ciascuno di noi. La città è la nostra casa, e come tale va curata, difesa, amata.

Per questo, impariamo a richiamare chi sporca: lamentiamoci con chi getta a terra una sigaretta davanti a noi, con chi abbandona un rifiuto per la strada, così come faremmo se lo facesse in casa nostra.

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Oggi più che mai, perché questo spirito diventi azione concreta, serve un Sindaco che non stia chiuso nel proprio ufficio (o rintanato in Valpolicella), ma che sappia essere il capitano della squadra, che sia un leader autentico, presente in mezzo alla gente, prima punta nell’azione di cura della città. Il primo difensore della comunità, lo strenuo custode del meglio di Verona.

Un Sindaco, infatti, non deve limitarsi ad amministrare asserragliato in un bunker, ma deve far sentire i cittadini parte della comunità. Ha il compito di essere il principale animatore della città: deve essere costantemente in giro, sempre con il sorriso di chi è entusiasta di potersi dedicare al progetto che ha ideato, riconoscente verso i propri concittadini per la fiducia che gli hanno dato, per aver creduto nella sua visione.

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Così, con la gioia di chi ha ricevuto il bene più prezioso, cioè la fiducia, un vero Sindaco può dare un fortissimo impulso al miglioramento delle cose, perché nulla vale quanto la determinazione che nasce dal sentirsi parte di un’idea, appartenenti a un gruppo. Penso ai Sindaci dei piccoli Comuni, che, forti del sostegno della propria gente, riescono a compiere miracoli: la loro forza deriva dallo stare in mezzo alla gente, che loro stessi galvanizzano.

Solo così potremo ridare forza a un’idea semplice ma potente: Verona è la nostra famiglia. E, come in ogni famiglia che si rispetti, nessuno deve sentirsi autorizzato a voltarsi dall’altra parte: tutti dobbiamo essere consci di essere parte del gruppo e, come tali, i primi artefici del suo bene. Insieme, possiamo farcela. Perché l’avverbio davvero vincente, appunto, è uno soltanto: insieme.

(*Presidente dell’associazione Verona Riparte)