Non tutti i veneti hanno il medico di base. Lo afferma Anna Maria Bigon, consigliere regionale veronese e vice presidente della Commissione Sanità risponde ai toni tranquillizzanti della Regione.
“In seguito a un mio accesso agli atti, la Regione ha risposto che tutti i cittadini assistibili risultano formalmente presi in carico da un medico di medicina generale. Ma la realtà, purtroppo, è molto diversa”.
“Migliaia di cittadini si trovano senza un medico di famiglia reale – spiega Bigon – perché i professionisti sono andati in pensione oppure hanno scelto altro e non vengono sostituiti. Di fatto restano sulla carta ‘presi in carico’, ma nella pratica non hanno un medico a cui rivolgersi. Una vera presa in carico significa costruire un rapporto fiduciario e continuativo, non compilare un elenco di nomi in un registro”.

Il problema riguarda in particolare i territori più periferici, dove intere comunità si trovano prive di un presidio sanitario stabile. Le soluzioni adottate finora non bastano: non è con l’aumento del massimale a 1.800 assistiti per medico, né con il ricorso emergenziale alla Guardia Medica o alla Continuità Assistenziale che si risolve la questione. Questi strumenti non sono pensati per la gestione quotidiana e continuativa della salute dei cittadini”.
“Serve una svolta – sottolinea Bigon – occorre una presa di coscienza seria e urgente da parte delle istituzioni. I cittadini non possono essere abbandonati o considerati numeri su un registro. La medicina territoriale è il primo presidio di salute pubblica e la sua crisi rappresenta un pericolo concreto per tutti. La Regione deve mettere in campo un piano strutturale di assunzioni, formazione e sostegno ai giovani medici, per garantire la presenza capillare sul territorio e ricostruire la fiducia tra cittadini e sistema sanitario. Non bastano soluzioni tampone, – conclude Bigon – serve un piano serio per garantire la presa in carico reale dei cittadini”.
