(di Gianni Schicchi) Dopo il trionfale concerto d’apertura, diretto da Antonio Pappano alla guida della London Symphony Orchestra, il XXXIV Settembre dell’Accademia prosegue al Teatro Filarmonico con un doppio appuntamento, oggi 12 venerdì e domani 13 sabato (sempre alle 20,30) dedicato all’intera esecuzione dei concerti per pianoforte di Beethoven. Ne saranno interpreti il famoso pianista e direttore Alexander Lonquich con l’Orchestra da Camera di Mantova, che oggi suoneranno i primi tre e domani, sabato i rimanenti due concerti. 

Lonquich ha creato una specie di consorzio con l’orchestra, che il fondatore e direttore artistico, il violinista Carlo Fabiano, ha portato ormai ad un livello interpretativo di assoluto valore internazionale. Ế da tempo che Lonquich e i mantovani portano l’intera produzione pianistica di Beethoven in giro per l’Italia.

Ne ricordiamo una performance particolare, per essere stati presenti a Siena (chiesa di Sant’Agostino) in un infuocato pomeriggio di agosto di otto anni fa, in cui solista e compagine sciorinarono lo stesso programma, con il solo intervallo di un’ora per la cena, scatenando un successo di pubblico incredibile e dove fra l’altro al termine dell’esecuzione Lonquich volle aggiungere ben cinque bis personali. 

Dunque l’intera produzione per pianoforte e orchestra che nell’arco di quindici anni Beethoven (1795-1809) compose, dibattendo la problematica stilistica posta dai suoi grandi predecessori Haydn e Mozart, vedendo il mondo con un occhio nuovo, stimolato dai grandi avvenimenti storici che ne accompagnano la formazione, come la rivoluzione francese innanzi tutto. Si immerge nelle loro conquiste per poterle poi personalmente vivificare con una diversa carica espressiva. 

In lui parla finalmente tutta l’umanità: l’elementare concisione dei suoi temi e dei suoi sviluppi lo porta vicino all’uomo della strada, alla massa che fino allora era stata praticamente esclusa (eccettuato il fenomeno dell’opera lirica) dalla musica. Nelle sue opere di mezzo, come i cinque concerti, viene appunto alla superficie un impeto di fratellanza, di comunicazione con tutti i propri simili, per elevarli e dar loro una precisa coscienza di uomini. Infine anche la forma si infrange, lascia la via libera sul filo di una tecnica ormai trascendentale, alla fantasia nel suo autonomo plasmarsi, all’invenzione pura che va oltre ogni vincolo ed ogni schema formale.

Qui Beethoven si libra in sfere inesplorate, schiude alla musica possibilità che solo dopo molti decenni i posteri comprenderanno appieno nella loro genialità. 

Nell’ordine, saranno eseguiti: venerdì 12, il Concerto n° 1 in do maggiore op. 15, che Beethoven portò in vari centri, iniziando una tournée da Praga; il Concerto n° 2 in si bemolle maggiore op. 19 (in realtà il primo e secondo solo in relazione al numero dell’opus); il Concerto n° 3 in do minore op. 37, primo pezzo per strumento solista e orchestra che rechi inconfondibilmente le tracce del genio beethoveniano.

Sabato 13, poi il Concerto n° 4 in sol maggiore op. 58, di cui si deve notare l’innovazione formale: il pianoforte inizia da solo il primo tempo con un bellissimo tema di intonazione romantica. Ed infine il n° 5 in mi bemolle maggiore op. 73 detto l’Imperatore.