Le cento candeline, Egidio Gaburro, suocero del Sindaco di Mozzecane Mauro Martelli, le ha spente il 13 settembre, circondato da un’ondata di affetto da parte della figlia Susi, del genero, dei nipoti e dagli auguri speciali del corpo dei Bersaglieri, di cui ha fatto parte durante la Seconda guerra Mondiale, nella divisione Lepre.

“Il primo pezzo di pane l’ho mangiato a 8 anni: che felicità”

Egidio Gaburro classe 1925, nasce a Trevenzuolo. Secondo figlio di Romilda e Romano, la sua è una famiglia di contadini: Egidio vive in campagna con i genitori e la sorella Ada. “La prima bicicletta l’ho avuta a sei anni e ho fatto una figuraccia perché mi sono rovesciato nel fosso. Il primo di pezzo di pane l’ho mangiato a 8 anni: che felicità. Ricordo una notte in cui non riuscivo a dormire: nel campo vicino alla mia casa una gattina piangeva, così sono uscito, l’ho presa con me ed è rimasta sempre al mio fianco. Era una grande gioia perché non avevo nessun gioco. Mi ricordo che un anno a Santa Lucia ricevetti finalmente un gioco: era un aereo di ferro. Provai una felicità enorme”.

“Non posso dimenticare la guerra, è una brutta bestia”

Tempi duri, quelli che vive Egidio: “A 12 anni la notte mio papà che non stava molto bene mi mandava ore e ore nei campi a irrigarli, e il cagnolino di casa e la mia gattina erano i miei amici. Ricordo che ho fatto tre anni di scuola elementare, poi basta perché il lavoro nei campi mi aspettava.” Poi, arriva la guerra. “Durante la Seconda Guerra Mondiale, il 16 dicembre 1943, fui chiamato per il militare come bersagliere. Da Verona andai a Padova il 17 marzo del 1944, poi fu inserito nella divisione Lepre. Mi ricordo i 92 aerei che bombardarono Verona. Avevo tanta paura: mitragliavano i campi di grano di casa mia e noi, con papà e mamma, sentivamo la morte vicina, ma la nostra pelle è stata salvata. Però ci hanno ammazzato il cavallo. Non posso dimenticare la guerra, è una brutta bestia”, ammonisce oggi, quando questa parola torna ad essere pericolosamente vicina.

A vent’anni, terminata la guerra, Egidio perde il padre a causa di un tumore al pancreas fulminante: si trova così a prendere in mano le redini della famiglia, e, soprattutto, il lavoro nei campi, dove si coltiva grano, foraggio, uva, piante da frutto.

Trasferitosi a Mozzecane, continua a lavorare per tutta la vita. Si sposa poco più ventenne con Clara, di due anni più giovane ma che lo ha lasciato prima di questo importante traguardo. Insieme hanno tre figli: Romano, Claudio e Susanna, che tutti chiamano Susi, moglie del sindaco Martelli. Nella sua vita anche un dolore: la perdita del figlio Romano in un incidente sul lavoro, all’età di cinquant’anni. Grazie alla famiglia, Clara ed Egidio si sono ripresi da questo lutto, anche grazie ai nipotini.

“Una volta con un pezzo di pane, un legno e tre sassi passavamo le ore a giocare. Oggi se non hai un vestito firmato o una bella macchina non sei nessuno”

Dei tempi odierni, dice una cosa sola: “Penso che il mondo oggi sia impazzito: non c’è più umanità solo soldi e potere. Le cose migliori, rispetto al passato, sono la medicina le varie scoperte, il benessere, ma non c’è più felicità: una volta con un tozzo di pane un legno e tre sassi noi ragazzini passavamo le ore a giocare, tra risate e spensieratezza. Ci bastava poco. Oggi, se non hai un vestito firmato o una bella macchina non sei nessuno.”

Il giorno del suo centesimo compleanno ha ricevuto degli auguri speciali: quelli, da Bersaglieri come lui, del presidente provinciale dei Bersaglieri in congedo Roberto Cricca e del vice presidente nazionale e Marco Cavallo, che si sono aggiunti agli auguri telefonici del presidente Giuseppenicola Tota.

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