La riforma della sanità italiana si basa sulle Case di Comunità e gli Ospedali di Comunità. Sulla carta tutto il progetto mira a portare sul territorio quanti più servizi possibile in modo da sgravare gli Ospedali di un’enorme quantità di prestazioni che possono essere erogate vicino all’utenza e che invece per disorganizzazione finiscono nei Pronto Soccorso o ad aumentare la lunghezza delle liste d’attesa.

Agenas, l’agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, ha pubblicato l’esito di un monitoraggio sulla stato dell’arte fatto nel 1° semestre dell’anno.

medico di base

Case di Comunità senza medici e infermieri

Le Case di Comunità attive con tutti i servizi obbligatori e con la presenza di medici e infermieri sono appena 46. Quelle con almeno un servizio attivo sono 660 sulle 1.723 complessive. Ma un solo servizio non significa niente ai fini dello scopo con cui sono state concepite ovvero di essere a disposizione dei cittadini h 24 e 7 giorni su 7.

Ma le Case di Comunità dotate di tutti i servizi obbligatori però senza la presenza di medici e infermieri sono solo 172. Delle 660 Case di comunità con almeno un servizio attivo, 142 sono in Lombardia, 140 in Emilia-Romagna e poi a seguire 95 nel Lazio, 70 in Toscana e 63 in Veneto. Il sud è invece molto lontano dagli obiettivi.

Gli Ospedali di comunità attivi in totale sono 153 su 592. In Veneto ce ne sono 46 sui 73 previsti, in Lombardia 26 su 64 previste, In Emilia-Romagna sono 24 quelli con almeno un servizio attivo sui 53 previsti. 17 in Toscana su 36, 7 in Umbria su 16, 4 in Sicilia su 48.