(di Gianni Schicchi) Le Villi, opera giovanile del debuttante Giacomo Puccini, approda per la prima volta nel nostro Filarmonico. Un’operazione che meritava di essere finalmente portata alla conoscenza del pubblico veronese, non fosse altro per aver segnato l’avvio di una carriera musicale fra le più brillanti nel panorama operistico mondiale.

Il lavoro agli esordi non ebbe molta fortuna (è accaduto spesso nella storia della musica) con la giuria del Concorso Sanzogno di Milano (maggio 1884) al quale partecipò – infatti non fu nemmeno presa in considerazione – ma trionfò clamorosamente poche settimane dopo al Teatro Dal Verme del capoluogo lombardo.      

A segnare il mondo incantato delle Villi al Filarmonico, la regia di Pier Francesco Maestrini, con la suggestiva video scenografia di Guilermo Nova, i costumi di Luca Dall’Alpi, le luci di Bruno Ciulli e i movimenti scenici di Michele Cosentino nell’allestimento proveniente dalla Fondazione Teatro Regio di Torino

Maestrini è riuscito a cucire un’azione concisa e scorrevole ambientata in un paese tedesco del primo Novecento, dove le proiezioni di Nova hanno poi puntato su una narrazione che ha tenuto conto del periodo storico in cui l’opera venne composta, delle implicazioni letterarie della scapigliatura e della nascente psicanalisi.

Le Villi
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Nel cast, l’affascinante soprano mestrino Anna Sara Cortolezzis, come Anna, il cui tema conduce a quell’amore tradito che è da lei bene interpretato e con trepidante passione. Una giovane donna, violata nelle sue pure speranze d’amore e di fedeltà, costretta a morire di dolore perché come recita il monologo d’apertura (con voce fuori campo): l’amore può uccidere ma anche resuscitare. E se la donna troverà redenzione nella trasfigurazione spettrale, sarà Roberto a perire, circondato dalla danza vorticosa delle Villi.  Galeano Salas ha dato vita al suo tormentato personaggio con piglio spavaldo e ottima vocalità. La sua romanza “Torna ai felici dì dolente il mio pensier”, tutta imperniata sul mezzo-forte, è superata con grande abilità e viene giustamente premiata dal forte applauso del pubblico. Il tenore messicano (oggi americano) ha confermato le ottime doti già espresse nel Rigoletto di questa estate in Arena, facendo risaltare ancora una volta il valore della scuola tenorile latinoamericana che ha sempre espresso grandi voci. Il baritono albanese Gezim Myshketa (una vecchia conoscenza del Filarmonico) ha vestito poi egregiamente i panni del vecchio Guglielmo Wulff, padre della fanciulla, rendendone tutta la dolente mestizia. 

La musica intensa e appassionata di Le Villi, irrora la trama di venature delicate e pallide nuances quando è la dimensione fantastica e straniante a dominare, arricchendosi di tinte fosche, quando le vicende si fanno tragiche e strazianti. Ế facile osservare quale partito Puccini sappia trarne più oltre nell’opera quando vuole far cantare i suoi personaggi, come sappia riprendere idee già nate nel Capriccio sinfonico, primo suo lavoro strumentale, quello stesso che nel bel mezzo offre il motivo del futuro inizio di Bohème, via via che le Villi, dopo il coro iniziale, allineano la soave “scena e romanza” di Anna “Se come voi piccina io fossi, o vaghi fior”. 

Segue quindi l’inizio del secondo atto: Anna abbandonata malgrado le promesse è morta di dolore. Passa il suo funerale e subito dopo segue il noto Intermezzo sinfonico che dipinge la tregenda delle Villi. Nel “largo doloroso” sembra udire quasi una anticipazione del Mahler più drammatico, le recriminazioni del padre sono forse le pagine più retrospettive, quasi verdiane; Roberto ritornato a casa si pente invano, poi le Villi lo trascinano a morte nel vortice danzante, non senza che una folata mesta e patetica anticipi qualcosa della futura Manon Lescaut. 

Alessandro Cadario sul podio, dosa i chiaroscuri e delinea gli intrecci con mano sensibile e precisa, dirigendo la compagine della Fondazione Arena che risponde con una eccellente e crescente prestazione, seguita da un coro che Roberto Gabbiani ha come sempre preparato con estrema cura.    

Il giovane direttore è davvero abile nel lasciare trasparire tutta la gentilezza melodica della partitura di Puccini e la sua tendenza innata a comporre secondo tecniche abbastanza diverse da quelle più tecnicamente ottocentesche. Cadario mostra spesso delle belle intenzioni, anche nella luminosa freschezza dell’inizio e nella densa atmosfera “verdiana” che apre il secondo atto, aiutata da una orchestra molto attenta nell’esaltare le diverse alternative chiaroscurali e cromatiche che giustificano un’opera lasciata immeritevolmente nel dimenticatoio.

La prima recita de Le Villi è filata via con i suoi due brevi atti (per 75 minuti di musica e un solo intervallo) esaurendo un Filarmonico entusiasta e partecipe, che al termine ne ha decretato l’indiscusso successo.