(Giorgio Massignan) Ritorno su un tema su cui ho scritto più volte: il consumo di suolo.
Nonostante la Regione Veneto, nel 2017, abbia approvato una legge per contenerlo, l’occupazione di superfici agricole o naturali, ogni anno è aumentata.
Nel 2024, nella regione Veneto, sono stati cementificati e impermeabilizzati altri 730 ettari.
Dal report ISPRA, si evince che nel 2024, in Italia è stato edificato il 7,2% del territorio, circa 21.500 kmq.
Il Veneto, con l’11, 86%, ha denunciato la percentuale più alta dopo la Lombardia con il 12,22%. Ma, rispetto al rapporto superficie edificata e il numero di abitanti, con 158 mq per individuo, risulta la regione con i maggiori valori dell’intera nazione.
Da evidenziare che l’estensione delle aree edificate ha interessato 28.506 ettari in zone sismiche, risultando la seconda regione dopo l’Emilia Romagna con 40.728 ettari.

Si è anche, parzialmente, persa l’opportunità di utilizzare i fondi europei del PNRR per bonificare e rigenerare le tante aree industriali dismesse e il gran numero di edifici storico-monumentali inutilizzati, preferendo demolire e ricostruire, edificare ex novo o destinare gran parte dei fondi in infrastrutture e in nuove strutture sportive e scolastiche.
Devastante per il territorio è stato ed è il business dei centri logistici, che stanno invadendo l’intera regione. Va considerato che la logistica ha necessità di grandi aree impermeabilizzate, risultando una delle principali cause dell’aumento del consumo del suolo nel nord-est.
Va inoltre sottolineata l’incongruenza della legge regionale per il “bilancio zero” di suolo che, grazie ad una norma ad hoc, i centri logistici si possono accomunare alle attività produttive, godendo delle deroghe in grado di superare i limiti urbanistici e di consumo del suolo.
La tanto auspicata rigenerazione, tarda a bloccare l’eccesso del consumo di suolo ed è carente di adeguate leggi nazionali e regionali che la normino.
Il consumo di suolo e le alluvioni
Di fatto, si sta impermeabilizzando sempre più terreno, nonostante i sempre più frequenti eventi temporaleschi e conseguenti catastrofi.
L’impermeabilizzazione del suolo blocca la sua capacità di assorbire l’acqua piovana, aumentando il rischio di alluvioni e di frane.
A sostegno delle nuove costruzioni risultano essere i costi delle ristrutturazioni e dei restauri, superiori rispetto alla nuova edificazione.
Ovviamente, gli investitori privati premono sui politici e sugli amministratori per poter disporre di nuove aree edificabili.
Ma, nel confronto tra il costo delle nuove costruzioni e la rigenerazione delle aree e degli edifici dismessi, non viene conteggiato il costo ambientale, paesaggistico, idrogeologico e di ripristino dai danni procurati da catastrofi naturali, che dovrà sostenere l’intera collettività, oltre alle vittime.
Inoltre, non si calcola il prezzo da pagare per la perdita delle funzioni ecologiche che regolano il ciclo dell’acqua, che consentono la produzione di cibo e conservazione della biodiversità e, soprattutto, quelli relativi ai danni provocati dalle catastrofi idrogeologiche.
Per le varie ragioni espresse, non posso condividere le scelte della Pubblica Amministrazione del comune di Verona di edificare capannoni produttivi e per la logistica alla Marangona e al Centro Intermodale del Quadrante Europa; di realizzare un centro per l’arrampicata sportiva alla Spianà, uno studentato nel quartiere Pindemonte e una palestra alla Santa Marta, tutti su terreni verdi; e di proporre altre gettate di cemento, tra cui quelle relative ad una grande piscina idonea ad ospitare l’Onda Surf, con i conseguenti parcheggi, vari bungalow e un centro di ristorazione in una campagna ancora integra, “La Bertacchina”.
Così come non condivido il sistema della viabilità proposto nel PAT, che prevede troppe infrastrutture viabilistiche destinate al trasporto privato a motore, come la strada di Gronda, il traforo della collina e la Mediana.
Non va scordato che la nostra città, Verona, con 209 ettari per la logistica nel 2024, risulta la prima città nel Veneto che ha consumato suolo per quella attività, nonostante le tante aree industriali dismesse.
Ritengo sia necessario e inderogabile demolire le costruzioni vuote e fatiscenti per aumentare le superfici di suolo verde, bloccare le nuove costruzioni e rigenerare l’esistente.

