(Angelo Paratico) La fake news sono vecchie come il mondo. Sfogliando un vecchio numero del Corriere della Sera del 22 luglio 1893 mi è caduto l’occhio su Avesa e il curioso titolo all’occhiello “Un Furto Artistico di un prete a Verona” mi ha indotto a leggere queste parole.

maestro del 1436 san martino e il povero iv

Sequestro a Firenze. Leggiamo nel Fieramosca di Firenze che il 7 marzo 1893, nella chiesa parrocchiale di Avesa, scomparve una statuetta (in realtà una formella) rappresentante San Martino a Cavallo, pregevole lavoro del secolo XVI. La statua proprietà del R. Demanio era collocata presso una porta laterale della chiesa. Si sospettò subito che il parroco avesse asportato quell’oggetto. Iniziarono le indagini e le investigazioni più scrupolose. Infatti dopo pochi giorni si venne a sapere che Don Antonio Covi, di anni 44, Martino Bosio, e Gaetano Tosi avevano rubata la statua. Il compratore della statua era stato Corvetto Tedeschi da Verona. Interrogato quest’ultimo confessò di aver acquistato il San Martino da Don Antonio Covi per la somma di 180 lire e disse di averlo poi venduto a un prezzo assai maggiore a un antiquario di Firenze, tale Stefano Bardini. Il tribunale di Verona ai termini dell’Art. 180 del codice penale, si mosse nei confronti del parroco e dei suoi complici perché si procedesse al sequestro della refurtiva. Infatti, si mosse la squadra mobile che a Firenze procedette al sequestro della refurtiva, presso la Galleria di Stefano Bardini, in Piazza dei Mozzi. Il signor Bardini disse di averla acquistata dal Tedeschi per una cifra considerevole. La statua venne infine riportata a Verona, come corpo del reato.

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San Martino di Avesa

Questo pretino ladro è entrato nella storia dell’arte, infatti Joanna Smalcerz, una docente Svizzera, ha pubblicato nel 2020 un testo intitolato “Smuggling the Renaissance: The Illicit Export of Artworks Out of Italy, 1861-1909”. Ossia: contrabbandare il Rinascimento: l’esportazione illegale dall’Italia di opere d’arte dal 1861-1909. Deve aver notato l’articolo sul Corriere della Sera o quello originario sul Fieramosca e quindi cita il prete di Avesa

Un prete ingiustamente accusato di furto

La Smalcerz, dell’università di Berna, avrebbe dovuto controllare meglio le sue fonti, perché l’antica chiesa di San Martino venne più volte rimaneggiata, infine fu progettata del veronese Luigi Trezza; l’edificio, che andò ad inglobare la precedente chiesetta fu portata a termine nel 1808. Ma la struttura riportò dei danni durante una scossa sismica nel 1891 e pertanto venne restaurata; tuttavia, già nel 1898 versava in pessime condizioni e fu chiusa al pubblico, per poi venir riaperta nel 1901 dopo un ulteriore intervento di restauro.

La formella si trova oggi nel Museo di Castelvecchio di Verona ed è nota come opera pregevolissima del Maestro del 1436.

Sfogliando le pagine del Corriera della sera di due giorni dopo, il 24 luglio 1893 troviamo  n nuovo titoletto: Il Preteso furto della Statua di Avesa. E seguono queste parole: sebbene una nostra lettera da Verona abbia rettificato fino da ieri  la narrazione del preteso  furto artistico di Avesa, pubblichiamo la seguente mandataci dal parroco don Antonio Covi:

Onorevole redazione del Corriere della Sera, Milano

Avendo visto riportato nel Corriere della Sera un articolo del Fieramosca di Firenze in cui è toccato atrocemente il mio onere, mi sento l’obbligo, annunciando che dò querela al Fieramosca, al Corriere della Sera e all’Adige di Verona, di pregare cotesta Redazione di inserire il rapporto dei R. carabinieri tolto dal libro della questura.

Verona, 23 luglio 1893

“7 marzo. Covi Antonio, parroco – Tosi Luigi fu Gaetano – Bosio Martino e Tosi Antponio, fu Gaetano, fabbricieri della chiesa parrocchiale di Avesa di proprietà demaniale, vendettero una scultura di sommo valore artistico per la somma di L.175, che adoperarono per l’amministrazione della Fabbriceria. La scultura fu acquistata dal sognor Tedeschi Tito per la somma di L. 175, vendendola poi a sua volta per la somma di L.140) all’antiquario Bardini Stefano di Firenze. Covi Antonio Parroco di Avesa”.

La scultura non fu rubata dal parroco ma fu tolta dal parroco per cercare di realizzare soldi da usare per il restauro della chiesa di San Martino di Avesa. Sbagliò strategia, questo è vero, ma erano altri tempi e non avrebbe dovuto vendere un bene tanto prezioso. Per fortuna questo capolavoro in pietra Galina dipinta di Avesa ( la stessa delle arche scaligere) è stata riportata a Verona e posta nel Museo di Castelvecchio, nella Galleria delle sculture.

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